Testi medievali

Varāhamihira VI sec.

Pseudo-al-Jāḥiẓ IX sec.

al-Rāzī IX sec.

Secretum Secretorum IX o X sec.

Chen Tuan IX-X sec.

Bar Bahlul X sec.

Song Qiqiu 984 ca.

Ibn Butlān XI sec.

Muḥammad al-Ghazālī XI-XII sec.

Durlabharaja e Jagaddeva XII sec.

De Corbeil fine XII-inizio XIII sec.

Zhang Xingjian dinastia Jīn (1115-1234)

Fakhr al-Dīn al-Rāzī XIII sec.

Arnoldo di Sassonia 1225 ca.

Scoto 1230 ca.

Anonimo 1230 ca.

Tommaso di Cantimpré 1230 ca.

Gilbertus Anglicus 1250 ca.

Gilbert de Tournai 1264-1268

Pietro di  Spagna XIII sec.

Vincent de Beauvais 1250 ca.

Anonimo XIII sec.

Roger Bacon

Aldobrandino da Siena 1256

Alberto Magno 1262 ca.

Pseudo-Alberto Magno seconda metà XIII sec.

Aubry de Reims 1265 ca.

Hugh Ripelin 1265-68

Tommaso d’Aquino 1268 ca.

Enrico Bate di Malines 1281-1303

Andalusian Sufi Ibn Arabī XIII sec.

Ibn al-Quff XIII sec.

Pietro d’Abano 1295

Placides et Timéo fine XIII secolo

Guglielmo di Spagna fine XIII sec.

Anonimo fine XIII secolo

Anonimo fine epoca Song o inizio Yuan

Anonimo 1300 ca.

Radulphus Brito 1300 ca.

Roger Bourth 1300 ca.

Anonimo inizio XIV sec.

Giovanni di Jandun 1310

Wheatley 1310 ca.

Xue Yannian 1313

Jean Buridan (1295-1363)

Anonimo inizio XIV sec.

al-Anṣārī 1323

al-Dimashqī 1327

Cecco d’Ascoli 1327

Rolandus Scriptoris 1430 ca.

Yuan Zhongche 1439 ca.

Michele Savonarola 1442

Johannes Hartlieb 1448

John Meteham of Norfolk 1449 ca.

Girolamo Manfredi 1474

al-Amshāṭī 1478

Anonimo 1491

Jörg Schapf 1485-1495

Antiochus Tibertus 1494


Varāhamihira VI sec.

Opera

Bṛhat-saṃhitā

Caratteristiche

Enciclopedia del VI secolo d.C. in sanscrito, scritta in India, nell’attuale Ujjain, dall’astrologo, astronomo e matematico indiano Varāhamihira  (505–587). Composta originariamente da 97 capitoli e circa 4000 śloka (versi), l’enciclopedia di Varāhamihira  tratta principalmente di astrologia e astronomia, ma dedica anche alcuni capitoli alla fisiognomica degli uomini e delle donne. La presenza della fisiognomica in questi capitoli dimostra che era iniziato il consolidamento del sapere fisiognomico all’interno della Jyotiḥśāstra (l’insieme dei testi del sapere astrologico indù, comprendente manoscritti su astronomia, matematica, astrologia e divinazione) probabilmente già a partire dal periodo delle dinastie Gupta (IV-VII secolo), quando Varāhamihira, il quale aveva probabilmente accesso agli stessi contenuti fisiognomici conservati nei Purāṇa, compose i suoi capitoli sulla fisiognomica all’interno della sua opera enciclopedica.

Il capitolo 67, che contiene 113 versi in diversi metri, è dedicato alla fisiognomica degli uomini (purūṣalakṣaṇa), mentre il capitolo 69 con ventisei versi in vari metri, si occupa della fisiognomica delle ragazze (kanyālakṣaṇa). Il capitolo intermedio, il 68, intitolato la fisiognomica dei cinque grandi uomini (pancamahapurusalaksana), è composto da quaranta versi che descrivono le caratteristiche dei cinque tipi di uomini sulla base dei pianeti Giove, Saturno, Marte, Mercurio e Venere. Questa forma di fisiognomica non ha alcuna relazione con quella trovata nei Purāṇa e probabilmente rappresenta una tradizione di pensiero fisiognomico completamente diversa.

[Sulla fisiognomica indiana cfr. Kenneth G. Zysk, “Greek and Indian Physiognomics.” Journal of the American Oriental Society, vol. 138, no. 2, 2018, pp. 313–25. JSTOR, https://doi.org/10.7817/jameroriesoci.138.2.0313;

“2. Mesopotamian and Indian physiognomy”. Visualizing the invisible with the human body: Physiognomy and ekphrasis in the ancient world, edited by J. Cale Johnson and Alessandro Stavru, Berlin, Boston: De Gruyter, 2020, pp. 41-60. https://doi.org/10.1515/9783110642698-003;
“Front Matter”. The Indian System of Human Marks. Leiden, The Netherlands: Brill, 2016;
“Indian Traditions of Physiognomy: Preliminary Remarks”. Theory and Practice of Yoga. Leiden, The Netherlands: Brill, 2005. https://doi.org/10.1163/9789047416333_020]

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Internet Archive
Traduzione inglese con testo sanscrito a fronte del 1946 ad opera di Panditabushana V. Subrahmanya Sastri. Digitalizzazione in formato immagine (JPEG): testo ricercabile ma ricerca non affidabile, testo completo. Accesso libero.


Pseudo-al-Jāḥiẓ IX sec.

Opera

Bāb al-ȓirāfa wa-l-zajr wa-l-firāsa ȓalā madhhab al-Furs

Caratteristiche

Trattato anonimo sulla firāsa (fisiognomica araba) erroneamente attribuito ad al-Jāḥiz. Una sezione del trattato è dedicata ai “segni delle donne” (alāmāt al-nisā). In questo breve passaggio, i nei (che sono oggetto di una forma particolare di divinazione) sono interpretati nella donna come segnali di longevità, di idoneità al matrimonio, come sintomi del suo carattere e del suo temperamento. In questo testo non si evidenzia più di tanto la libido o la propensione della donna al rapporto sessuale, come accade invece in altri testi arabi sulla fisiognomica delle donne (firāsat al-nisā).

[cfr. Antonella Ghersetti, “A Science for Kings and Masters. Firasa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relations in Arabic Sources”, in The Occult Sciences in Pre-Modern Islamic Cultures, ed. Nader El-Bizri and Eva Orthmann (Beirut: Ergon Verlag, 2018), 83-104].

Edizioni

È preservato in un unicum (Leiden 1206, 198, 2), copiato nel giorno ottavio del Ramaḍān 757/4 settembre 1356.

Esiste un’edizione e traduzione del trattato in russo con commento, ad opera di K.  Inostrantsev: Pseudo-al-Jāḥiz , “Bāb al-irāfa wa-l-zajr wa-l-firāsa alā madhhab al-Furs”, in: Zapiski Vostonago otdelenija Imperatorskago russkago archeologi eskago obš estva, (1907-8), pp. 113-232.


al-Rāzī IX sec.

Opera

Kitāb al-Mansūrī (in latino Liber medicinalis ad Almansorem regem)

Caratteristiche

Manuale di medicina scritto da Abū Bakr al-Rāzī (conosciuto come Razes, 864-925 o 935), medico di origine persiana

Tradotto in latino nel 1175 da Gherardo da Cremona (traduttore del Canone di Avicenna), circolò in Europa col titolo Liber medicinalis ad Mansorem (la prima edizione latina a stampa venne poi prodotta nel 1481). Ebbe un impatto enorme sulla medicina e sulla fisiognomica sia nel mondo islamico che in quello europeo, tanto che nei trattati europei sulla fisiognomica Abū Bakr al-Rāzī è menzionato come una delle più grandi autorità sull’argomento.

Si tratta di un’opera di medicina tra le più lette nel medioevo e in cui cinquantotto capitoli confermano l’antico prestigio della fisiognomica proprio nel suo carattere di strumento conoscitivo del corpo umano.  Il manuale di Razes, che connette con convinzione la fisiognomica alle teorie mediche, aderisce alla corrente naturalista della fisiognomica (che si nutre di scritti greci, si sviluppa e prende forma proprio con Razes nel IX-X sec.), contrapposta alla corrente astrologica, rivolta alla divinazione. La nona sezione del testo, una dettagliata esposizione sulle patologie del corpo dalla testa ai piedi, divenne particolarmente celebre e circolò autonomamente in traduzioni latine come “Liber Nonus”, e fu ampiamente copiata e commentata fino al XVII secolo.

Il trattato di Razes è anche il primo esempio testuale dell’associazione tra la fisiognomica e l’acquisto degli schiavi. Nel secondo maqāla, dedicato alla discussione sul temperamento e gli umori e sul modo in cui desumerli dai tratti del corpo, un’intera sezione è dedicata all’acquisto di schiavi (shirā’ al-mamālik). Qui, l’enfasi è posta sulle modalità di accertamento della salute fisica degli schiavi in vendita. Segue un esteso e sistematico trattato in cui  ogni parte del corpo è trattata come indice di tratti psicologici. Questa sezione comprende anche una lista dei tipi di carattere, che ricorda quella della Physiognomonika pseudo-aristotelica, tradotta in arabo da Ȳunayn b. Isḥāq. [cfr. Antonella Ghersetti, “A Science for Kings and Masters. Firasa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relations in Arabic Sources”, in The Occult Sciences in Pre-Modern Islamic Cultures, ed. Nader El-Bizri and Eva Orthmann (Beirut: Ergon Verlag, 2018), 83-104].

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Library of Congress Online Catalogue

Manoscritto arabo del 1400 ca.. Documento PDF formato da immagini JPEG: testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

Library of Congress Online Catalogue

Edizione a stampa del 1500, con traduzione del trattato in latino e altri trattati medici di autori arabi, greci ed ebrei, realizzata a Venezia da Johannes Hamman. Documento PDF formato da immagini JPEG: testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

Edizioni recenti:

Rosa Piro, L’Almansore. Volgarizzamento fiorentino del XIV secolo. Edizione critica, Firenze, Sismel – Edizioni del Galluzzo, 2011.

Nuova ed. con glossario: Liber medicinalis Almansoris. Edizione critica del volgarizzamento laurenziano (Plut. LXXIII. Ms. 43) confrontato con la tradizione manoscritta araba e latina, a cura di Mahmoud Salem Elsheikh, 2 voll., Roma, Aracne, 2016.


Secretum Secretorum IX o X sec.

Caratteristiche

Il Kitāb sirr al-asrār (titolo latino: Secretum secretorum) è un trattato del IX o X secolo d.C. che viene generalmente descritto nelle fonti classiche come la traduzione in arabo dello pseudografo aristotelico Secretum secretorum ad opera di Yuhanna ibn Bitrlq (IX secolo), ma potrebbe trattarsi in realtà di un trattatello scritto da un autore arabo del IX o del X secolo. Nel prologo del Sirr al-asrār si racconta che la traduzione originaria era stata realizzata in un primo momento dal greco al siriaco e poi in arabo da Yaḥyâ ibn al-Biṭrīq. Ma l’opera contiene, oltre a elementi greci, elementi che innegabilmente greci non sono, e l’assenza di un originale greco e il fatto che non ci sia pervenuta che la recensione araba fanno propendere gli studiosi per la succitata ipotesi.

Creduto aristotelico per qualche secolo, questo speculum principis fu di enorme importanza per la cultura medievale. L’opera si presenta come una lunga lettera di Aristotele – una fra le molte della tradizione apocrifa – al suo allievo Alessandro per indicargli ogni possibile conoscenza utile al governo. Le sue origini, forse greche o siriache, sono ignote e forse lo resteranno per sempre. Ma le questioni testuali non sono certo di minor conto anche solo considerandone il percorso arabo come Sirr al-‘asrar, che inizia nel X secolo e si ramifica nei secoli successivi intersecando le culture russa e occidentale, attraverso mediazioni ebraiche e latine. Le due forme in cui ci è pervenuto il trattato arabo, convenzionalmente chiamate redazione corta (7 o 8 libri) e redazione lunga (10 libri), ricominciano un itinerario non meno complicato nell’occidente latino. La prima è conosciuta come De regimine sanitatis con un patrimonio di circa centocinquanta manoscritti. La seconda diventa il Secretum secretorum nella traduzione latina di Filippo da Tripoli della prima metà del secolo XIII. I suoi circa trecento manoscritti conosciuti indicano subito l’ampiezza della diffusione e la complessità dei problemi filologici connessi alla costituzione del testo critico. Non molto si conosce del traduttore latino, né delle fonti a cui può aver attinto. Nutrita pare la serie dei volgarizzamenti (l’analisi della presenza volgarizzata del Secretum secretorum nella cultura medievale francese è in Monfrin 1982).

L’ultima sezione del trattato, dedicata alla fisiognomica, circolò talvolta separatamente, ed era considerata da alcuni studiosi un’opera indipendente. Possiamo oggi asserire che tale sezione sulla fisiognomica circolava in arabo prima del 940 d.C., poiché è stato trovato un manoscritto (British Library, OIOC, MS Or. 12070) copiato nel 941 da Muḥammad ibn ‘Alī ibn Durustawayh di Isfahan, che contiene proprio questo frammento del trattato, sebbene non si chiami Sirr al-asrār. È antecedente a ogni riferimento al Sirr al-asrār ed è il più antico di tutte le copie manoscritte che conosciamo. Verosimilmente, il trattato oggi conosciuto come Secretum Secretorum si evolse gradualmente nel tempo attraverso l’accumulazione di materiali su una moltitudine di argomenti, tra cui arte del governo, etica, fisiognomica, astrologia, alchimia, magia e medicina.

[sul Sirr al-asrār vedi: Grignaschi, M., ‘L’Origine et les metamorphoses du “Sirr al-asrar”‘, Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge, vol. 43 (1976), pp. 7-112; Grignaschi, M., ‘La Diffusion du “Secretum Secretorum” (Sirr al-asrar) dans l’Europe occidentale’, Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge, vol. 47 (1980), pp. 7-70; M. Grignaschi, Remarques sur la formation et Vinterpretation du Sirr al-asrar, in W.F. Ryan, Ch.B. Schmitt (eds.), Pseudo-Aristotle The Secret of secrets. Sources and influences, London 1982; Mahmoud Manzalaoui, ‘The Pseudo-Aristotelian Kitāb Sirr al-asrār: Facts and Problems’, Oriens, vol. 23-24, 1974, pp. 146-257; Mahmoud Manzalaoui, ‘The Pseudo-Aristotelian Kitāb Sirr al-asrār: Facts and Problems’, Oriens, vol. 23-24, 1974, pp. 146-257].

Traduzioni

Il trattato venne tradotto due volte dall’arabo in latino: la prima volta nel XII secolo da Giovanni da Siviglia, e la seconda nel 1230 circa da Filippo da Tripoli. [cfr. Cfr. Steven J. Williams, The Secret of Secrets: the scholarly career of a pseudo-aristotelian text in the latin middle ages].

Nella sua traduzione latina, il trattato conobbe enorme e rapida diffusione in Europa, gettando le basi per le traduzioni in ceco, croato, tedesco, islandese, inglese, portoghese, francese e italiano. Venne anche tradotto dall’arabo in ebraico, da cui si ricavò una versione in castigliano (Poridat de las Poridades), che servì a sua volta da base per la versione catalana (Libre de Saviesa), e infine in russo.

Jofroi de Waterford incluse nella sua traduzione in francese del Secretum la pseudo-aristotelica Physiognomonica.

Una copia del Secretum datata primo quarto del XIV secolo aggiunge materiale pertinente al capitolo sulla fisiognomica traendolo dal Liber de medicina ad Almansorem di Rhazes e dal trattato dell’Anonimo Latino.

Nel 1280 circa, Roger Bacon (1214-1292) realizzò un’edizione critica del Secretum secretorum pseudo-aristotelico con Prefazione e Commento, indicando che questo testo era disponibile a Parigi agli inizi del 1250. Nella sua prefazione, Bacon menziona la traduzione del Physiognomonica di Bartolomeo da Messina, asserisce che molto materiale fisiognomico può esser trovato in altri trattati zoologici e medici, e afferma che la fisiognomica contiene una saggezza legata alla filosofia naturale, ed è una disciplina che è molto utile per conoscere il carattere di una persona.  Bacon presenta il capitolo sulla fisiognomica come una delle quattro parti principali del libro. Al di là della sua edizione critica e annotata del Secretum Secretorum, Bacon non tratta di fisiognomica in nessun’altra sua opera.

Alcune edizioni e ristampe del Secretum: nel 1501 da Alessandro Achillini e nel 1555 da Francesco Storella (sua è la traduzione italiana nel 1538 come Segreto de segreti).

Link

Arabic Collections Online (ACO)

Copia in arabo del 1343. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

Internet archive

Copia in latino del 1486 dalla traduzione di Filippo da Tripoli.  Documento PDF creato da immagini JPEG: testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

Internet archive

Copia in latino del 1501. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

Internet archive

Edizione critica a cura di M. A. Manzalaoui (Oxford University Press, 1977), discussione sui testi in arabo, latino, francese e inglese, sui manoscritti e le edizioni a stampa. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo ricercabile, testo completo. Accesso limitato.

Internet archive

Secretum secretorum cum glossis et notulis, a cura di R. Steele, Opera hactenus inedita Rogerii Baconi, Oxford University, 1920, vol. V.. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo ricercabile ma ricerca non affidabile, testo completo. Accesso libero.


Chen Tuan IX-X sec.

Opera

Fengjian

Il Fengjian del saggio del taoismo Chen Tuan (871-989) è un importante trattato, antesignano della tradizione fisiognomica moderna. È strutturato in maniera sistematica, ma non completo nei suoi esempi, cosicché il lettore può scorgere la tradizione orale che sottostà alla sua compilazione.

Caratteristiche

Il testo di Chen Tuan è citato nello Shenxiang quanbian (capitolo 6) e si trova anche nello Uguan (1, 4b-9b) e nel Taiqing shenjan. Inoltre, è frequentemente citato nei commentari allo Shenxiang quanbian e in altri manuali di fisiognomica. Le due edizioni principali del Fengjan, quella che si trova nello Yuguan e l’altra presente nello Shenxiang quanbian, non sono identiche. La prima è in prosa, la seconda in versi. Ma a livello contenutistico sono piuttosto simili, e costituiscono un’indagine generale sulla teoria e la pratica della fisiognomica. Il Fengjan come riportato nello Yuguan può essere diviso in 18 sezioni, la maggior parte delle quali si ritrovano nell’edizione presentata nello Shenxiang quanbian, sebbene non nello stesso ordine. Le diciotto sezioni sono: 1. Definizioni dei termini principali, come energia, corpo, essenza e spirito; 2. L’aspetto fisico secondo le cinque fasi; 3. Tipi di corpi secondo la morfologia animale; 4. L’aspetto del tipo “legno”; 5. Impurità, ovvero, forme miste; 6. Combinazioni in base al “superamento” delle fasi; 7. Lo spirito profondo o superficiale; 8. L’energia forte o debole; 9. Carnagione piena o trasparente; 10. Carnagione giovane o vecchia; 11. Corpo e spirito in termini di sovrabbndanza o insufficienza; 12. Schemi di interrelazione tra le varie forze; 13. Aspetto sottile; 14. Segnali di longevità; 15. L’importanza degli stati mentali; 16. Forme di ostruzione; 17. Donne e uomini; 18. Nobile e umile.

Mentre l’ordine degli argomenti non è molto chiaro nel testo, i tre temi principali di fisiognomica sono evidenti: discussioni teoretiche sulle forze principali analizzate nella fisiognomica, tipologie del corpo umano in base alle cinque fasi e alla morfologia animale, e analisi della carnagione. Tuttavia, il testo non fornisce un’indagine esaustiva sulla fisiognomica. Piuttosto, esemplifica i principi base e le principali caratteristiche nella descrizione dei tipi specifici, come il “tipo legno” coi suoi sviluppi e il tipo di aspetto “sottile”.

[cfr. Kohn, Livia. “A Textbook of Physiognomy: The Tradition of the ‘Shenxiang Quanbian.’” Asian Folklore Studies, vol. 45, no. 2, 1986, pp. 227–58. JSTOR, https://doi.org/10.2307/1178619.  Kohn, Livia. “‘Mirror of Auras’: Chen Tuan on Physiognomy.” Asian Folklore Studies, vol. 47, no. 2, 1988, pp. 215–56. JSTOR, https://doi.org/10.2307/1178278].


Bar Bahlul X sec.

Opera

Kitāb al-dalāʾil

Enciclopedia dei segni da cui si possono dedurre vari aspetti,  scritta dal nestoriano al-Ḥasan ibn Bahlūl (Bar Bahlūl), traduttore e lessicografo che studiò medicina da giovane.

Caratteristiche

In modo inusuale, quasi unico, nella sua opera Bar Bahlul tratta l’ispezione medica e l’analisi fisiognomica separatamente. Nel capitolo 43 (intitolato Bāb min alfirāsa min al-Kunnāsh al-Manṣūrī wa-ghayrihi) Bar Bahlūl elenca i segni del corpo, traendo molti contenuti dal trattato di Razes. Nel capitolo 46 tratta invece dell’esame medico a cui devono essere sottoposti gli schiavi.

La rottura del legame tra medicina e fisiognomica in merito all’acquisto degli schiavi, la separazione della discrizione delle parti del corpo e del loro significato psicologico dal contesto medico, è piuttosto eccezionale, e costituisce la peculiarità di questo trattato.

[cfr. Antonella Ghersetti, “A Science for Kings and Masters. Firasa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relations in Arabic Sources”, in The Occult Sciences in Pre-Modern Islamic Cultures, ed. Nader El-Bizri and Eva Orthmann (Beirut: Ergon Verlag, 2018), 83-104].


Song Qiqiu 984 ca.

Opera

Yuguan zhaoshen ju

Caratteristiche

Manuale di fisiognomica composto da Song Qiqiu, un alto funzionario esperto di varie scienze della divinazione. L’opera cita Chen Tuan ma senza usare il suo titolo onorifico e dev’essere quindi datata prima del 984.

Nella versione consultabile oggi, lo Yuguan consiste di tre capitoli. Il primo, di ventisei pagine, è un resoconto teoretico. Il secondo, di trentasei pagine, analissa i dettagli del corpo, e il terzo, ventisette pagine, descrive la manifestazione dei diversi tipi di energia nella carnagione. L’edizione oggi disponibile è contenuta nello Shiwan juanlou congshu di Lu Xinyuan (1880 ca.), ristampata da Sunny Books, Taipei, 1982.


Ibn Butlān XI sec.

Opera

Risāla jāmiȓa lifunūn nāfiȓa fī shirāߩ al-raqīq wa-taqlīb al-ȓabīd

Caratteristiche

L’applicazione pratica della firāsa per la scelta/acquisto dei migliori schiavi è dimostrata dalle’sistenza di brevi trattati scritti appositamente da medici come guide attraverso cui leggere e interpretare l’aspetto fisico e psicologico degli individui venduti nel mercato degli schiavi. Il più popolare di questi trattati è probabilmente proprio il Risāla jāmiȓa lifunūn nāfiȓa fī shirāߩ al-raqīq wa-taqlīb al-ȓabīd, scritto dal medico cristiano Ibn Buɻlān (morto nel 1066). Qui la firāsa è esplicitamente evidenziata come parte essenziale della valutazione medica; l’indagine psicolofica succede immediatamente alla ricerca di segnali di patologie nascoste e difetti fisici. L’autore, conosciuto nell’Europa medievale più per il suo Taqwīm al-ṣiḥḥa (lat. Tacuinum Sanitatis), dedica un intero capitolo del suo Risāla all’analisi fisiognomica degli schiavi: il terzo fann è intitolato “Conoscenza del carattere degli schiavi in base ai criteri della fisiognomica, come fanno i filosofi”. 

Il metodo etnologico, a cui spesso ci si riferisce nei trattati fisiognomici greci, è qui combinato con l’ispezione clinica e fisiognomica delle parti del corpo, e utilizzato per determinare l’idoneità a tipi particolari di lavoro nella prospettiva di un vantaggioso impiego degli schiavi. Ad esempio, gli uomini africani della tribù dei Beja sono descritti come rapaci e coraggiosi: quindi non sono adatti ad essere tesorieri; le donne nubiane sono remissive, dunque sono schiave perfette; le donne armene e dello Zaghawa non sono adatte a dare piacere, pertanto non devono essere scelte come concubine, eccetera.

Ibn Butlān fa anche riferimento all’esistenza di una branca di questa disciplina dedicata specificamente alle donne, denominata firāsat al-nisāʾ. Scrive: “essa mostra i tratti del carattere delle donne, le parti del corpo e l’appetito sessuale […]. Ma non ne faremo menzione perché, sebbene sia una scienza utile, le sue espressioni sono oscene”.

L’esistenza di trattati simili a quello di Butlān dimostra che l’utilizzo della fisiognomica nel campo dell’acquisto di schiavi era piuttosto diffuso: vedi i trattati di al-Amshāṭī e Muḥammad al-Ghazālī.


Muḥammad al-Ghazālī XI-XII sec.

Opera

Hidāyat al-murīd fī taqlīb al-ȓabīd

Caratteristiche

Dedicato ad un certo Mawlānā Aḥmad b. Muḥammad afāndī al-diyār al-Miɱriyya da Muḥammad al-Ghazālī, un egiziano del periodo ottomano.

Il trattato comprende sette capitoli con interpretazioni mediche e fisiognomiche delle diverse parti del corpo. Quasi ogni segno ha una doppia interpretazione, medica e fisiognomica. La prima interpretazione, che si basa sulla teoria degli umori, si focalizza sul temperamento; la seconda descrive la psicologia, che è vista come la funzione di una certa disposizione del carattere.

Al-Ghazālī si concentra soprattutto sugli occhi, perché ritiene che trasmettano indicazioni più specifiche della disposizione dell’animo. Il trattato include anche alcune osservazioni di natura fisiognomica tratte dal Luqat almanāfi, un trattato medico di Ibn al-Jawzī (1126-1201), affermazioni attribuite a Galeno e ad al-Jāḥiẓ.

[cfr. Antonella Ghersetti, “A Science for Kings and Masters. Firasa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relations in Arabic Sources”, in The Occult Sciences in Pre-Modern Islamic Cultures, ed. Nader El-Bizri and Eva Orthmann (Beirut: Ergon Verlag, 2018), 83-104].


Durlabharaja e Jagaddeva XII sec.

Opera

Sāmudrikatilaka (India, XII secolo), trattato indipendente sulla fisiognomica in 800 versi scritto da Durlabharāja e suo figlio Jagaddeva in metro āryā.

Caratteristiche

Si tratta del pimo testo indipendente o śāstra dedicato alla fisiognomica in India. Il titolo proviene dal nome del semi-mitico Samudra, che la tradizione degli eruditi bramini considerava il primo autore di fisiognomica indiana. Prima di quest’opera, la fisiognomica è tesitmoniata nelle prime compilazioni astrologiche del Jyotiḥśāstra e nei Purāṇa (diverse importanti collezioni di storie antiche). La fisiognomica presentata in questi scritti brahaminici era codificata in due diversi gruppi: la fisiognomica degli uomini (purusalaksana) e la fisiognomica delle donne (strilaksana). Diversi erano i metodi attraverso cui si svolgevano gli esami e si ottenevano i pronostici, ma due erano le tecniche predominanti: la prima prevedeva un tipo di numerologia delle parti del corpo dell’uomo. Ci sono testimonianze che indicano che c’erano parecchi diversi sistemi di fisiognomica numerologica nell’India antica, ma a un certo punto il numero delle parti rilevanti del corpo dell’uomo si attestò a 32. La seconda tecnica offriva predizioni sul futuro di uomo e donna, basate su un dettagliato esame delle loro parti del corpo, comprese la forma della pianta dei piedi e le linee dei palmi delle mani e talvolta le linee sulla fronte e sul collo. L’investigazione iniziava dalla parte sinistra del corpo della donna e dalla parte destra del corpo dell’uomo, e sistematicamente si procedeva verso l’alto, si iniziava dai piedi e si finiva con la testa e i capelli.

Anche certe caratteristiche umane più sottili, al di là della grossolana anatomia, erano prese in considerazione in quanto rivelatrici dello stato della vita passata di una persona ed indicatori della longevità di una persona. Questi includevano la luminosità del corpo, la direzione in cui i peli del corpo si arricciavano, la voce, l’odore del corpo, la camminata di una persona e il suo portamento.

Abbiamo prove che le caste privilegiate, soprattutto la principesca Ksatriyas, erano i principali utenti della fisiognomica nell’India antica e medievale. Questa scienza aveva un ruolo fondamentale nel sistema brahminico sociale e politico in quanto serviva a due scopi: stabilire il diritto di successione dell’uomo e la sua adeguatezza come sposo; la scelta della donna come compagna nei matrimoni combinati. Era utilizzata per determinare la futura prosperità di un uomo e la sua idoneità a diventare leader e capofamiglia, la fertilità di una donna e la sua adeguatezza come moglie e madre.

Il trattato di Durlabharāja Jagaddeva costituisce l’ultimo passo nel delinearsi della fisiognomica come scienza indù. Il più antico manoscritto databile di questo lavoro è un testo incompleto, la cui copia fu realizzata nel 1575, e il manoscritto del testo completo più antico rimastoci è datato 1687. Manca ancora un’analisi completa, ma il confronto tra i passaggi citati in diversi cataloghi descrittivi dei manoscritti indica che l’edizione a stampa, originariamente di Bombay e poi ristampata più volte, rappresenta la versione standard del testo. L’opera segue il tradizionale e ben definito metodo di legittimazione del sapere in contesto braminico. I versi di apertura raccontano come Samudra compose il manuale sulla fisiognomica umana (nrstrilaksanasastra) dopo aver riflettuto sull’importanza della fisiognomica nella relazione tra Visnu e la sua consorte Laksmi, e dunque della sua utilità per tutti gli umani nel mondo. Si spiega poi che altri autori antichi composero opere sulla fisiognomica umana, ma che la scienza a un certo punto si divise in diverse parti perché era diventata troppo vasta e difficile da capire. Allora è rivelato che il prinicipale obiettivo di Durlabharaja e Jagaddeva era di riconnettere le varie parti della scienza della fisiognomica di Samudra in un’unica opera. Perciò, il Naralaksanasastra o Samudrikatilaka è da considerare il primo testo indipendente che ha instaurato la tradizione scolastica braminica della Samudrikasastra (studio della lettura del volto).

Il trattato è diviso in cinque capitoli: i primi tre sull’uomo, gli ultimi due sulla donna. L’esame del corpo inizia dai piedi e finisce con la testa, include l’ispezione delle linee sui palmi delle mani e delle piante dei piedi. Obiettivo di questa forma di esame è determinare l’adeguatezza di una donna come donna da mettere incinta per un padrone di un rango sociale più elevato e per capire la longevità di un uomo e la sua ricchezza e prosperità future. Si esaminavano altre caratteristiche del corpo (derivate dal metodo usato per esaminare i cavalli): arricciamento dei capelli, andatura, naturale lucentezza della pelle, la voce, la carnagione, l’odore del corpo, lo stato innato dell’essere del corpo o il portamento generale della persona.

Da questo punto in avanti la fisiognomica è largamente accettata come legittima scienza indù ed entra a far parte dei medievali Smrtinibandhas e dei testi del Ratisastra.

[cfr. Zysk, K. G. (2005). “Indian Traditions of Physiognomy: Preliminary Remarks”. In Theory and Practice of Yoga. Leiden, The Netherlands: Brill. https://doi.org/10.1163/9789047416333_020]

Edizioni

Le edizioni a stampa del Samudrikatilaka includono: Radhakrsna Misra, ed. with Hindi tika, Samudrikasastra (Bombay: Sri Venkatesvara Stim Press, 1956, reprint Bombay: Khemaraj Srikrsnadas prakasan, 1995); e Sukadev Cutarvedi, ed with. Hindi tika, Samudrikasastra (Varanasi: Pracya Prakasana, 1996). I manoscritti sono i seguenti: AS Bombay, vol. 1: ms. 40 (samvat 1744, 1687 d.C.), p. 133; e RORI, pt. 12: ms. 2781/580 (strilaksana, samvat 1632, 1575 d.C.).


De Corbeil fine XII-inizio XIII sec.

Opera

De signis et symptomatibus egritudinum (fine XII-inizio XIII secolo)

Caratteristiche

Poema medico in 2358 versi scritto da Gilles de Corbeil (latino: Egidius de Corbolio or Egidius Corboliensis; anche Aegidius; nato nel 1140 circa, morto nel primo quarto del XIII sec.), medico di corte, insegnante e poeta francese.

L’opera, in cui è inclusa una sezione sulla fisiognomica, tratta dei segni e dei sintomi degli eccessi umorali e di malattie (elencate e trattate dalla testa ai piedi). Non è stata stampata fino al 1907.

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Zhang Xingjian dinastia Jīn (1115-1234)

Opera

Renlun datongfu

Caratteristiche

Il Renlun Datongfu è un breve trattato composto da non più di 2000-3000 caratteri, scritto da Zhang Xingjian, alias Jingfu, un funzionario nel ministero dei riti sotto la dinastia Jin, che scrisse varie opere, tra cui un compendio su questioni rituali. Il trattato segue lo schema basilare della fisiognomica moderna. In primis, tratta in linea generale la correlazione tra corpo e spirito, dunque descrive nel dettaglio i metodi di analisi del corpo umano in base al sistema delle cinque fasi. Infine, tratta dei colori e della carnagione.

Il testo appartiene a quella tradizione che dal Fengjian di Chen Tuan va allo Yuguan, al Taiqing shengjian e infine allo Shenxiang quanbian. Il commentario al Renlun Datongfu, scritto Xue Yannian nel 1313, cita gli stessi testi e le stesse autorità che si trovano negli altri testi sulla fisiognomica. Circa il 70% dei testi e delle autorità citate da Xue Yannian sono gli stessi che si trovano nello Shenxiang quanbian.

Il trattato di Xingjian si trova interamente ma senza commentario di Yannian nel capitolo 6 dello Shenxiang quanbian. Si trova anche in tre collezioni congshu, accompagnato dal commentario.

Il Renlun datongfu è menzionato nel Qianqing tang di Huang Yuji, senza però il nome dell’autore. L’autore e il titolo sono connessi solo dall’edizione Yongle dadian in poi.


Fakhr al-Dīn al-Rāzī XIII sec.

Opera

Kitāb al-firāsa

Caratteristiche

Agli inizi del XIII secolo, nel Kitāb al-firāsa di Fakhr al-Dīn al-Rāzī (1149 o 1150 – 1209), si esprime la specificità della tradizione della fisiognomica araba. Al Physiognomonika pseudo-aristotelico avrebbe attinto, secondo Haggi Halifa, il filosofo e teologo Fakhr al-Dīn al-Rāzī nella compilazione del suo Kitāb al-firāsa, un trattato che costituisce la summa delle conoscenze fisiognomiche ereditate dal mondo classico e sistematizzate dai dottori musulmani.

La costituzione di un metodo fondato esplicitamente sulle differenze sessuali, dunque di un approccio sessualmente orientato, deriva probabilmente da questo trattato. Fakhr al-Dīn al-Rāzī è verosimilmente il primo a distinguere un metodo autonomo basato sull’anatomia sessuale, in aggiunta ai metodi derivati dal mondo classico: espressivo (basato sulle espressioni del volto), zoologico ed etnico.

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HathiTrust

Edizione e traduzione di Youssef Mourad, La Physiognomonie arabe et le Kitāb al-firāsa de Fakhr al-Dīn al-Rāzī, Paris: Geuthner,1939. Documento PDF creato da immagini JPEG, testo completo. Accesso limitato.


Arnoldo di Sassonia 1225 ca.

Opera

De floribus rerum naturalium (1225 circa)

Caratteristiche

Questa raccolta enciclopedia di Arnold of Saxony ha lo scopo, in quattro delle cinque parti che comprende, di fornire una presentazione della filosofia naturale (la quinta parte, molto diversa, riguarda la morale e ha avuto un destino autonomo come nel caso della parte III, sulle pietre) . Il corpus aristotelico, autentico e pseudoepigrafico, occupa complessivamente più di un terzo degli estratti e ha definitivamente detronizzato le autorità tradizionali, bibliche, patristiche o classiche che forniscono le enciclopedie in genere

(Arnold include affermazioni fisiognomiche tratte molte volte dall’Anonimo Latino, dal De Animalibus, e una sola volta dal De anima (Die Encyklopadie des Arnoldus Saxo, aum ersten Mal nach einem Erfurter Codex, ed. Emil Strange (Erfurt, 1905-1907), 52-54.

[cfr. Draelants, Isabelle. “La Transmission Du De Animalibus d’Aristote Dans Le De Floribus Rerum Naturalium d’Arnoldus Saxo.” in C. STEEL – G. GULDENTOPS – P. BEULLENS (eds.), Aristotle’s Animals in the Middle Ages and Renaissance, Leuven, 1999 (Medievalia Lovaniensia, Series I, Studia XXVII) (1999): p. 126–158; letteratura utile su Arnoldo].


Scoto 1230 ca.

Opera

Liber phisionomiae

Caratteristiche

Michael Scot (italianizzato Michele Scoto; Scozia, 1175 circa – 1232 circa o 1236), è stato un filosofo scolastico, astrologo e alchimista scozzese, attivo presso la corte siciliana di Federico II di Svevia. Il Liber phisionomie è l’ultimo libro di una trilogia nota come Liber introductorius, che Scot scrisse per l’imperatore Frederick, che desiderava conoscere le scienze naturali. Le prime due parti del Liber introductorius, opera principale di Scot, sono intitolate rispettivamente Liber introductorius, dedicato all’alchimia, e Liber particularis, dedicato all’astronomia; differentemente dalla terza, di cui esistono circa una ventina di stampe, queste due parti sono conosciute solo in pochi manoscritti.

Il Liber phisionomie, che circola anche autonomamente nel Rinascimento come trattato sulla fisiognomica, è il primo trattato tecnico su questo tipo di sapere nell’Occidente medievale. Diversamente dalle prime due parti, non rappresenta un sapere per tutti, per pauperes intellectuscholares novicii, nelle parole di Scot, ma un segreto “know how” pensato per il sovrano.

Il Liber si configura come un vero e proprio trattato medico, con una prima sezione ginecologica e ostetrica, una seconda imperniata sulla fisiologia dei canoni umorali e una terza propriamente fisiognomica. È in quest’ultima parte che Scot indaga la mappa dei segni esterni del corpo per rapportarli alle qualità e alle degenerazioni dei caratteri umani. La fisiognomica si accredita allora come la parte più eletta della medicina, anzi come un vertice della piramide scientifica, la sola che definendo il modello umano dia ragione dell’intero impianto cosmico. Scoto classifica la fisiognomica come una forma legittima di conoscenza naturale (scientia): “dicit enim quidam sapiens Phisionomia est scientia naturae”. Le competenze sono quelle di una scienza naturale, nel cui ambito l’esperto valuta animali e uomini riconoscendone le differenze a ogni livello. Ma ancor più precisamente, questa scienza annette all’uomo, maschio o femmina, ogni possibile proprietà della condizione di essere vivente. Sono affermazioni che convocano tutta la natura sotto il patrocinio della fisiognomica, ratificando un lascito del sapere del XII secolo, l’intuizione cioè della solidarietà profonda e delle misteriose consonanze dell’uomo con la natura.

Ippocrate e Galeno hanno nel Liber un buon ascolto e quasi vengono assunti nell’orizzonte figurale e profetico del medioevo. Scot dimostra anche di conoscere il Secretum secretorum pseudo-aristotelico, tradotto non molti anni prima da Filippo da Tripoli. Nulla vieta di pensare che conosca la Physiognomonia pseudo-aristotelica, magari in una versione araba, prima che Bartolomeo da Messina la traduca in latino, quando fra il 1258 e il 1262 sarà alla corte di Manfredi. Ma nel Liber di Scoto il riferimento più prestigioso è tuttavia rappresentato da Abu Bakr ar-Razi, che l’occidente medievale conosce come Razes.

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Anonimo 1230 ca.

Opera

Quaestiones Nicolai Peripatetici

Caratteristiche

Composte all’inizio del sec. XIIIi e attribuite a Michele Scoto da Alberto Magno. Questo testo nei capitoli 5-6 discute alcuni enunciati fisiognomici di Razi alla luce della psicologia avicenniana e di alcune dottrine elaborate da Aristotele nel De anima e in alcuni opuscoli dei Parva naturalia.

[Cfr. Stanislaw Wielgus, Quaestiones Nicolai Peripatetici, “Mediaevalia Philosophica Polonorum 17”, 1973, pp. 57-155;

Jole Agrimi, Fisiognomica tra tradizione naturalistica e sapere medico nei secoli XII-XIII, con particolare riguardo alla Scuola di Salerno, in “Atti del Congresso internazionale su medicina medievale e scuola medica Salernitana”, Salerno, Generico, 1994, pp. 44-57;

Jole Agrimi, Ingeniosa scientia nature: studi sulla fisiognomica medievale, Sismel edizioni del Galluzzo, Firenze, 2002].


Tommaso di Cantimpré 1230 ca.

Opera

De natura rerum (1230 circa)

Caratteristiche

Facendo riferimento al De Animalibus di Aristotele, Tommaso di Cantimpré (latino Thomās Cantimpratensis) presenta virtù e vizi che possono essere conosciuti dai segni fisiognomici del volto.

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Una delle copie più antiche conosciute. Digitalizzazione in formato immagine (JPEG): testo non ricercabile, testo completo. Accesso libero.

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Thomas Cantimpratensis, Liber de natura rerum, ed. Helmut Boese Berlin, De Gruyter, 1973. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo in parte ricercabile, testo completo. Accesso limitato (modalità anteprima).


Gilbertus Anglicus 1250 ca.

Opera

Compendium medicinae

Caratteristiche

Gilbertus Anglicus, medico inglese, include nel suo Compendium medicinae (un compendio del sapere medico del tempo) del materiale fisiognomico tratto dalle Quaestiones Nicolai Peripatetici.

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Yale University Library – Digital Collections

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Gilbert de Tournai 1264-1268

Opera

De modo addiscendi (probabilmente 1264-1268)

Caratteristiche

Nomina alcune autorità della fisiognomica e riporta la storia di Polemone e Ippocrate tratta dal Secretum. Menziona Aristotele tra gli altri come autorità sulla fisiognomica, ma non cita nessun passaggio della traduzione latina del Physiognomonica.


Pietro di  Spagna XIII sec.

Opera

Questiones super libro De animalibus aristotelis

Caratteristiche

Nel primo libro del suo commento al De animalibus aristotelico, Pietro di Spagna (1205-1277), che poi divenne Papa Giovanni XXI, pone numerose domande sulla disciplina fisiognomica – se la fisiognomica sia una scienza (“utrum phisonomia sit possibilis”), quale sia la natura della disciplina della fisiognomica. Dopodiché elenca varie parti del corpo, fa molti riferimenti alla tradizione medica (Galeno e Haly Abbas) e tratta dei tipi di carnagione. Come ha osservato Agrimi, Pietro di Spagna connette la fisiognomica e la tradizione medica con la teoria umorale e i temperamenti. Niente indica tuttavia che conoscesse la Physiognomonica pseudo-aristotelica, di cui non menziona il titolo.

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Ebin

Peter of Spain, Questiones super libro “De Animalibus” Aristotelis: Critical Edition with Introduction, ed. Francisca Navarro Sánchez. (Medicine in the Medieval Mediterranean 5.) Farnham, Surrey, and Burlington, VT: Ashgate Press, 2015. Documento pdf scaricabile e testo ricercabile. Accesso libero.


Anonimo XIII sec.

Opere [sono qui riuniti quattro trattati di autori anonimi del XIII secolo, spesso attribuiti ad Aristotele]

Quaestiones de phisionomia (Brugge, Stadsbibliotheek, 489)

De physiognomonia (inc. Elegans est naturae cognition) [Cfr. Charles B. Schmitt, Dilwyn Knox, Pseudo-Aristoteles Latinus: A Guide to Latin Works Falsely Attributed to Aristotle Before 1500, Warburg Institute, University of London, 1985, pp. 46-47; Roger A. Pack, Auctoris incerti de physiognomonia libellus, Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age 41, 1974, pp. 113-138; David Juste, Les textes astrologiques latins attribuées à Aristote, Micrologus 21, 2013, pp. 145-164).

Natura occulte. Altro lavoro che a volte appare nei manoscritti sotto il nome di Aristotele.

De quator humoribus. Questo trattato connette i quattro umori alla fisiognomica; è attribuito ad Aristotele in un manoscritto del tredicesimo secolo.


Vincent de Beauvais 1250 ca.

Opera

Speculum naturale (1250 ca.)

Caratteristiche

Erudito domenicano, Vincent de Beauvais (1190 circa-1264) deve la sua fama allo Speculum maius, che viene considerata come la più vasta tra le enciclopedie medievali, un grandioso mosaico di sentenze e di citazioni da autori antichi e medievali, portato a termine tra il 1256 e il 1259. Enciclopedia in ottanta libri che circolò in molti manoscritti per due secoli, per poi essere una delle prime opere a stampa nel 1476.

Lo Speculum maius è diviso in tre parti: Speculum naturaleSpeculum doctrinale e Speculum historiale. Un quarto libro, lo Speculum morale, ritenuto un tempo parte della summa, è apocrifo. Nei 32 libri dello Speculum naturale Vincenzo espone nozioni di scienze naturali, nei 17 libri dello Speculum doctrinale, sostenendo la necessità che l’uomo si elevi mediante la conoscenza, dà una raccolta di notizie su arti e dottrine, mentre nello Speculum historiale, in 31 libri, compendia la storia dell’umanità da Adamo al 1250.

Nello Speculum naturale è inclusa una sezione sulla fisiognomica in cui presenta un passaggio di Plinio in cui lo scrittore antico esprime stupore per il fatto che “Aristotele non solo credeva ma ha anche diffuso nei suoi scritti la convinzione che i nostri corpi contengano dei segni premonitori delle nostre vite” (“miror equidem Aristotelem non modo credidisse praescita vitae esse aliqua in corporibus ipsis verum etiam prodidisse, quae quamquam vana existimo”, Plinio il Vecchio, Naturalis historia Bk.11). Plinio giudica tale credenza come “infondata”. Vincent espone dunque i suoi lettori ai dubbi riguardo alla fisiognomica e li invita a riflettere sul problema.

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Library of Congress

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Roger Bacon

Opera

Opera hactenus inedita

Caratteristiche

Roger Bacon (1214-1292),  religioso, filosofo, scienziato, teologo ed alchimista britannico,  curò un’edizione del Secretum secretorum pseudo-aristotelico e lo commentò indicando che questo testo era disponibile a Parigi agli inizi del 1250. Il Secretum è un’opera pseudoepigrafica di aristotele che serviva da speculum principis e conteneva un capitolo sulla fisiognomica. Nella sua prefazione, Bacon menziona la traduzione del trattato in latino di Bartolomeo da Messina. Asserisce che molto materiale fisiognomico può esser trovato in altri trattati zoologici e medici e afferma che la fisiognomica contiene una saggezza legata alla filosofia naturale, ed è una disciplina molto utile per conoscere il carattere di una persona. Della fisiognomica infatti scrisse: “hic est magna pulcritudo sciencie et sapiencie”. Una scienza classificabile come una legittima forma di conoscenza naturale: Phisonomia est lex nature in complexione humani corporis et eius composicione”.

Al di là di questa edizione critica e annotata del Secretum secretorum, Bacon non tratta di fisiognomica in nessun’altra sua opera.

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Internet  Archive

Roger Bacon, Opera hactenus inedita Rogeri Baconi, ed. Robert Steele et al., Oxford: e typographeo Clarendoniano, 1905-1940, vol. 5, 165. Digitalizzazione in formato immagine (JPEG): testo ricercabile ma ricerca non affidabile, testo completo. Accesso libero.


Aldobrandino da Siena 1256

Opera

Le régime du corps (1256)

Caratteristiche

Trattato medico del 1256, scritto dal medico Aldobrandino da Siena su richiesta di Beatrice di Savoia, contessa di Provenza. L’influsso inconfutabile di Razes è testimoniato nel Régime dall’uso praticamente completo, anche se spesso non letterale, dei capitoli fisiognomici della versione latina di Gherardo da Cremona. Si consideri il paragrafo sul significato dei colori, in cui le condizioni dell’epidermide sono rapportate alle condizioni fisiologiche degli umori. Il fulvo e il rossiccio sono colori che segnalano una corpulenza congestionata. Un equilibrio del temperamento viene invece indicato da una proporzionata presenza di rosso e di bianco, sempreché il corpo sia imberbe. Collerico e folle è l’individuo paonazzo e timido se il suo incarnato è di un lucido vermiglio. Verde e nero sono i colori del bilioso. Nel trattato di Aldobrandino ogni parte del corpo fornisce indicazioni precise, presenta alternative determinate. Le forme del viso e le espressioni degli occhi, i colori della cute e la consistenza della chioma, la varietà del gestire e la disposizione della villosità: ogni elemento condiziona l’immediata comprensione di verità psicologiche e sociali.

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Wellcome Collection

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Alberto Magno 1262 ca.

Opere

Quaestiones super De animalibus (1258)

De animalibus di Aristotele (1262 circa)

Caratteristiche

Alberto Magno (1200-1280) è il primo studioso che potrebbe aver letto ed usufruito del Physiognomonica pseudo-aristotelico. Il filosofo e teologo del XIII secolo scrisse un commentario su quasi tutti i trattati aristotelici e incluse persino, in alcune delle sue opere, idee fisiognomiche. Nel De animalibus, commentario sulle opere zoologiche di aristotele, compaiono idee fisiognomiche (fatto che non meraviglia, dato che la fisiognomica è uno degli argomenti dell’Historia animalium di Aristotele). Il contributo di Alberto alla fisiognomica è di grande importanza. Integrando la fisiognomica nel suo De animalibus e combinandola con l’anatomia, la annetté ai Libri naturales, facendone una branca della scientia de animalibus.

Alberto discute molti aspetti della fisiognomica nel primo libro, Lib. 1 De animalibus, Tractatus II, e menziona gli autori che hanno scritto di fisiognomica, “i grandi autori di questa arte”: Aristotele, Avicenna, Costantino, Filemone (quello che Aristotele elogia), Losso e Polemone di Laodicea.

Quando Alberto cita Aristotele, scrivendo “ut dicit aristoteles”, non cita passaggi del Physiognomonica, ma qualche volta passaggi del Secretum secretorum, altre volte passi da altri testi. Il De animalibus di Alberto Magno è più elaborato e dettagliato, e utilizza un vocabolario differente rispetto al trattato pseudoaristotelico Physiognomonica. Alberto ha un approccio più “medico”: descrive la funzione e l’anatomia di una parte del corpo; mentre nel Physiognomonica una descrizione di una parte del corpo occupa una sola frase, nel De animalibus di Alberto Magno può occupare diverse pagine.

Nel 1258 Alberto elaborò alcune quaestiones sugli argomenti del libro per una lezione, quaestiones che costituirono di fatto un lavoro preparatorio per il commentario che avrebbe scritto di lì a poco. Due di queste Quaestiones erano già dedicate alla fisiognomica. Conrad d’Austria realizzò un resoconto di queste lezioni tenute da Magno a Cologne nel 1258, le Quaestiones super de animalibus, testo recuperato solo all’inizio del ventesimo secolo e mai tradotto integralmente prima d’allora [vedi traduzione in inglese: Questions concerning Aristotle’s on Animals, Washington: Catholic University of America Press, 2008].

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Biodiversity Heritage Library

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Gallica

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Pseudo-Alberto Magno seconda metà XIII sec.

Opera

Mariale

Caratteristiche

L’autore esplora la possibile fisiognomica di Gesù e Maria.  [vedi Irven M. Resnick, Pseudo-Albert the Great on the Physiognomy of Jesus and Mary, Mediaeval Studies 64, 2002, pp. 217-240;

Burger, M. (2013). Albert the Great—Mariology. In A Companion to Albert the Great. Leiden, The Netherlands: Brill. https://doi.org/10.1163/9789004239739_005]


Aubry de Reims 1265 ca.

Opera

Philosophia

Caratteristiche

La Philosophia fu redatta da Aubry di Reims intorno al 1260-1265. Essa contiene, secondo lo schema classico delle ‘Introduzioni’, un prologo, dove, in modo protrettico, il lettore viene esortato allo studio della filosofia, una serie di definizioni della filosofia, la divisione delle parti del sapere e la descrizione di ciascuna di queste parti o discipline particolari. L’esposizione di Aubry è incompleta, si ferma bruscamente dopo la presentazione della philosophia naturalis, anche se l’autore aveva annunciato la divisione della matematica e della metafisica.

Nel testo si legge la seguente osservazione fisiognomica: “Isti homines aeree complexionis graciles et parvos pedes habentes sunt subtiles et ut in pluribus fornicatores” [vedi René A. Gauthier, “Nothes sur Siger de Brabant. II. Siger en 1272-1275. Aubry de Reims et la scission des Normands”, Revue des sciences philosophiques et théologiques 68, 1984, pp. 3-49;

Irene Zavattero, “L’entusiasmo per la filosofia di Aubry di Reims”, in Metamorfosi della filosofia
antica. Studi in onore di P. Gualtieri, a cura di F. Abbri, Arezzo, Dipartimento di
Studi Storico-sociali e filosofici (Università di Siena), pp. 9-18].


Hugh Ripelin 1265-68

Opera

Compendium theologicae Veritatis (1265-1268)

Caratteristiche

Il Compendium theologicae Veritatis, composto da Hugh Ripelin, teologo domenicano, tra il 1265 e il 1268, fu uno dei manuali scolastici di teologia più utilizzati nel tardo Medioevo. Le opere di Ripelin erano difatti più popolari fra gli studenti all’Università di Parigi di quelle del suo contemporaneo più noto, Tommaso d’Aquino.

Il manuale è stato per secoli attribuito erroneamente a diversi autori, tra cui il maestro di Ripelin, Alberto Magno, e il suo contemporaneo Tommaso d’Aquino. Soltanto recentemente è stato attribuito a Ripelin.

Comprende una sezione sulla fisiognomica.

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Traduzione in inglese di Jasper Hopkins (tesi online)

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Tommaso d’Aquino 1268 ca.

Opera

De sensu et sensato

Caratteristiche

Pare che Tommaso d’Aquino (1225-1274) non abbia mai scritto di fisiognomica e non abbia mai utilizzato la parola physionomia (o una sua variante) nei propri trattati. L’unica allusione fisiognomica nel suo lavoro si può trovare nel suo commento al libro di Aristotele De sensu et sensato. Qui, d’Aquino determina il carattere morale basandosi sulla misura della testa. Chi ha una testa più piccola in proporzione alle altre parti del corpo è impetuoso, mentre chi ha una testa grande è lento e ottuso. D’Aquino fa anche due osservazioni fisiognomiche connesse al discorso di Aristotele sul senso del tatto. Ma la terminologia che utilizza non proviene dal Physiognomonica pseudo-aristotelico.

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Calibre Library

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Documenta Catholica Omnia

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St. Thomas Aquinas¸ Commentaries on Aristotle’s On sense and What is Sensed and On Memory and Recollection, tradotto in inglese da Kevin White and Edward M. Macierowski, Washington D.C.: Catholic University of America Press, 2005. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo in parte ricercabile, testo completo. Accesso limitato (modalità anteprima).


Enrico Bate di Malines 1281-1303

Opera

Speculum divinorum et quorundam naturalium

Caratteristiche

Nella sesta parte della voluminosa enciclopedia Speculum divinorum et quorundam naturalium, dedicata alla questione dell’unità dell’intelletto (On the unity of intellect), Henry Bate of Mechelen (1246-1310) cita il Physiognomonica pseudo-aristotelico verbatim.

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Andalusian Sufi Ibn Arabī XIII sec.

Opere

al-Tadbīrāt al-ilāhiyya

Qabs al-anwār wa-bahjat al-asrār (apocrifo)

Caratteristiche

al-Tadbīrāt al-ilāhiyya dell’andaluso Sufi Ibn Arabī (1165-1240), è un’opera sull’arte del governo, in cui, tra le varie disquisizioni, ve n’è una sulla firāsa. Il mistico andaluso viene annoverato da Ya’qub b. Ishaq al-Kindl tra le autorità in materia di firāsa, accanto ad al-Safi’I, Muhammad b. Zakariyya’ al-Razi e a tre autori greci: Aristotele, Polemone ed Eleo.

Ibn Arabī descrive soprattutto la al-firāsa al-ḥikmiyya (“scientifica”) come una scienza necessaria per quelli che Dio non ha dotato di intuito (al-firāsa al-sharȓiyya), visto che “gli esseri umani si associano necessariamente” e hanno bisogno di scegliere i rapporti intimi su basi sicure. In particolare, grazie alla fisiognomica, i regnanti possono essere capaci di riconoscere chi è adatto ad essere “un vero amico, un compagno nel divertimento notturno, un visir per il regno”.

Anche Ibn al-Akfānī affronta questo problema, spiegando che la firāsa è una scienza utile perché permette a una persona di scegliere da chi farsi circondare con la giusta consapevolezza. Nel suo Irshād al-qāṣid ilā asnā al-maqāṣid, partendo dall’idea che l’uomo è un animale sociale (o politico, per usare il termine aristotelico), indica tre specifici campi della vita sociale in cui la firāsa può trovare un’applicazione: la scelta di un amico (ṣadīq), la scelta di una moglie (zawj) e la scelta di uno schiavo (mamlūk). Anche altri autori, come Ṭāshköprüzāda e in seguito Ȳājjī Khalīfa, la descrivono come una scienza utile. Khalīfa, ricordando Ṭāshköprüzāda, dichiara che l’utilità della fisiognomica è autoevidente (mawȩūȓuhu wa-manfaȓatuhu ʯāhirāni); tuttavia, non specifica nessuna sua applicazione possibile, probabilmente perché le applicazioni pratiche della fisiognomica erano già talmente ben conosciute che non occorrevano ulteriori elucidazioni.

Ad Ibn-Arabi è attribuito anche un trattato apocrifo, Qabs al-anwār wa-bahjat al-asrār, opera che contiene nozioni di erotologia, astrologia e altri tipi di divinazione. L’applicazione della deduzione fisiognomica espressa in opere teoriche è confermata in pratica dall’esistenza di brevi résumés, talvolta organizzati in forma di tavole (taqwim), concepite per offrire rapidi esempi ai lettori interessati. Questo è esemplificato da una tavola inclusa in questo trattato apocrifo. Tale tavola, che manca di un’introduzione teorica e offre solo un’introduzione “how to” molto breve, è strutturata in colonne che indicano segni fisici accanto a colonne che spiegano le loro interpretazioni fisiognomiche. Questo formato suggerisce che fu probabilmente realizzata come un’opera a cui riferirsi per rapide consultazioni.

II manoscritto Leiden or. 51 conservato nella biblioteca dell’Universita di Leiden è, allo stato attuale delle nostre conoscenze, l’unico testimone del Qabs al-anwdr wa bahgat al-asrdr attribuito a Muhyl al-DIn ibn ‘Arabi. Ai fol. 21 v. e 22 r. si trova un’interessante tavoletta colorata che tratta di fisiognomica, chiamata Jadwal al-firāsa fī tadbīr al-riyāsa li al-ḥakīm al-fāȩil Arisʉāʉālīs bi-ḥasab ṣūrat al-insān wa-afȓālihi. La tavoletta è stata pubblicata da Antonella Ghersetti in “UNA TABELLA DI FISIOGNOMICA NEL QABS AL-ANWĀR WA BAHǦAT AL-ASRĀR ATTRIBUITO A IBN ’ARABĪ.” Quaderni Di Studi Arabi, vol. 12, 1994, pp. 15–47.

[cfr. anche Ghersetti, Antonella, “A Science for Kings and Masters Firāsa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relationships in Arabic Sources.” The Occult Sciences in Pre-modern Islamic Cultures, 2018, pp. 83-104]


Ibn al-Quff XIII sec.

Opera

Kitāb jāmiȓ al-gharaḍ fī ḥifẓ al-ṣiḥḥa wa-daf al-maraḍ

Caratteristiche

(d. 685/1286)

Trattato sulla medicina preventiva e la tutela della salute. In 60 capitoli, completata verso il 1275. Nel capitolo 59, Ibn al-Quff (1233-1286) si occupa di acquisto di schiavi (fī širāʾ al-ȓabīd) e di fisiognomica nel capitolo 60 (fī umūr maʾkhūḍa min al-firāsa).


Pietro d’Abano 1295

Opera

Liber compilationis physionomiae (1295)

Caratteristiche

Pietro d’Abano fu un medico e astrologo italiano, autore del Liber compilationis physionomiae (1295), incentrato sul rapporto tra astrologia e medicina.

D’Abano compose il trattato a Parigi nel 1295 , dedicandolo a Bardelone Bonaccosi, governatore militare di Mantova. Per scrivere il suo trattato fisiognomico, si basò sulle maggiori autorità della materia e fece espliciti riferimenti al Secretum secretorum, al Liber ad almansorem di Rhazes, alla Physiognomonica aristotelica, all’epoca tutti e tre disponibili in traduzione latina. L’opera di Abano non è di mera compilazione, ma ha dei tratti originali: suo principale merito è l’esplorazione dell’impatto della fisiognomica astrologica sugli umani. Egli studiò l’influenza intellettuale, morale e fisica dei corpi celesti (segni dello zodiaco e pianeti) sul corpo umano.

Pietro nega la derivazione di fisiognomica da physis e onoma e conferma quella da physis e nomos. È una scienza che non si limita a definire le cose della natura, ma che ne stabilisce le specifiche leggi. Solo sulla base di questo ordine interno è possibile che l’aspetto di un corpo si imprima sulle facoltà dell’anima, e viceversa: “Ex quadam namque ordinatione et lege nature inest quod talis corporis forma vel potentia anime imprimatur et econtra”. Le dipendenze tra il corpo e l’anima sono vicendevoli e improntate a una norma legislativa di armonica convivenza, che le accompagna e le condiziona (“Et enim corpus et anima naturalem quandam armonia una optinent consequellam et vicissim sibi ipsis compatiuntur”). Si tratta di una connessione naturale per cui il corpo e l’anima soffrono insieme. Solo in forza di un tale legame – aggiunge Pietro – possono manifestarsi gli stati che vengono definiti come passioni dell’anima cioè ira, tristezza, amore, paura; e possono essere interpretati positivamente i segni che essi lasciano sul corpo. Ma i rapporti tra il corpo e l’anima si verificano attraverso una fitta trama di proporzioni, per cui non avviene che ogni singolo contrassegno carnale sia immediatamente collegabile a una qualità spirituale. Si impone di conseguenza una più raffinata lettura, un più meditato modello concettuale, per cui alla fine il disegno dell’uomo nella fisiognomica di Pietro d’Abano si presenta secondo modalità più ampie e più varie di quanto non capitasse nelle opere di Michele Scoto e di Aldobrandino da Siena. Anche la Compilatio comincia con una indagine sui colori del corpo, secondo la tradizione inaugurata da Razes, ma poi scruta con attenzione molti altri elementi del tutto nuovi: i toni della voce, i gesti, soprattutto le forme e le espressioni degli occhi, che avranno gran parte nell’opera futura di Della Porta. Il risultato è una mappa dell’umano in cui le linee si articolano secondo schemi meno fissamente anatomici e tentano di illustrare lo spazio più ampio e incerto dei caratteri. Il consapevole tentativo di Pietro è quello di raccogliere nella Compilatio disparate cognizioni astrologiche, mediche e filosofiche; il passo successivo consiste nello stabilirne la comune e migliore operatività scientifica attraverso una più raffinata elaborazione dello schema fisiognomico.  La più elevata flessibilità teorica che ne deriva sfocia allora nel profilo di un uomo meno limitato di quanto non fosse in Scoto e in Aldobrandino. La fisiognomica supera i confini della corte e circoscrive un’ideale gamma universale dell’umano. [cfr. Paolo Getrevi, Le scritture del volto: fisiognomica e modelli culturali dal Medioevo a oggi, Angeli editore, Milano, 1991, p.26].

D’Abano raccomanda l’utilità della fisiognomica anche per i sovrani: “Phisionomia est autem ipsius non parva utilitas cum hac omnium actus et mores ipsorum naturales cognoscantur effectuum ut fideles vereque amicabiles servatum diligentia ab eorum oppositis secernantur”. E classifica la fisiognomica come una forma legittima di conoscenza naturale: “Physionomia est scientia passionum animae naturalium [et] corporis accidentium habitum vicissim permutantium utriusque“.

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Gallica

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Gallica

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Placides et Timéo fine XIII secolo

Opera

Placides et Timéo, ou, Li secrés as philosophes

Carattestiche

Vi vengono presentate le connessioni tra i quattro temperamenti/umori, alcune basilari manifestazioni psicologiche di tali aspetti, e il carattere.

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Google Books

Edizione critica a cura di Claude Alexandre Thomasset.  Documento PDF creato da immagini JPEG: testo ricercabile, testo completo. Accesso limitato (modalità anteprima).


Guglielmo di Spagna fine XIII sec.

Opera

Sentetia Super physionomiam Aristotelis

Caratteristiche

Commento alla Physiognomonika pseudoaristotelica, talvolta attribuito erroneamente a Peire d’Alvernhe (1240-1304), scritto invece da Guglielmo di Spagna, talora indicato come Guglielmo d’Aragona. L’identità dell’autore non è ancora stata messa bene a fuoco, di lui si sa poco o nulla oltre al nome: a cominciare dal rapporto che lo lega, per un verso, a Guglielmo di Aragona, per l’altro, a Guglielmo di Mirica, due personaggi dai tratti biografici appena più definiti. La proposta di identificare Guglielmo di Spagna con Guglielmo di Aragona sembra ormai generalmente condivisa. Egli avrebbe scritto commenti al De consolatione philosophiae di Boezio, al Centiloquium dello pseudo Tolomeo, un Libellus de nobilitate animi e un De pronosticatione somniorum; infine la Sententia super Physionomiam Aristotelis, redatta sicuramente prima del 1310. Nel manoscritto P1 (Paris, BN lat. 15034, f.40va-42va.) la Sententia è preceduta dal Libellus de nobilitate: del resto, l’elogio della nobiltà d’animo suggerisce il tema – in senso tecnico – con cui inizia il commento di Guglielmo di Spagna; e in entrambi i testi l’esaltazione della nova nobilitas prende le mosse dal De bello Jugurtino di Sallustio.

L’altro Guglielmo, “dictus de Mmirica artistarum ne dicat magistrorum in artibus minimus“, è l’autore di un Opusculum in libellum phisonomie Aristotelis, dedicato a papa Clemente VI (1342-52): un’ampia expositio che rielabora originalmente il commento di Guglielmo di Spagna o d’Aragona in un nuovo, importante tractatus.

In Super physionomiam Aristotelis, Guglielmo raccomanda l’utilità della fisiognomica per i sovrani: “Animadvertentes igitur philosophi quod homo animal est civile… Multum enim necessarium et utile est homini quod aliquam Artem habeat per quam vilium et pravorum sciat vitare consortium et sciat societates eligere studiosas”. Classifica infine la fisiognomica come una forma legittima di conoscenza naturale: “Supponitur autem hec scientia naturali philosophie magis proprie, licet astronomie et morali diversis rationibus supponatur…”.

[Cfr. Agrimi, Jole. “LA RICEZIONE DELLA ‘FISIOGNOMICA’ PSEUDOARISTOTELICA NELLA FACOLTÀ DELLE ARTI.” Archives d’histoire Doctrinale et Littéraire Du Moyen Âge, vol. 64, 1997, pp. 127–88. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/44403950]

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Anonimo fine XIII secolo

Opera

Speculum astronomiae (terzo quarto del XIII secolo)

Caratteristiche

Per secoli attribuito ad Alberto Magno, che lo avrebbe scritto per difendere l’astrologia come una forma del sapere cristiana, la paternità del trattato è stata messa in dubbio. In ogni caso, l’influenza di Alberto sul trattato è profonda, ed è resa particolarmente evidente dalla definizione che vi si trova della fisiognomica come “non-deterministica”: “Le naturali inclinazioni affettive dell’uomo possono essere chiarite seguendo i segni delle loro membra naturali [….]. Questa scienza [la fisiognomica] non impone necessità sul costume degli uomini, ma mostra le loro inclinazioni che derivano dal sangue e dagli spiriti fisici, che possono essere controllati attraverso la ragione”.

L’autore dello Speculum si esprime esplicitamente sull’argomento della fisiognomicanel capitolo XVII. Egli sospende il giudizio, sebbene lasci intuire che non era opposto alla pratica di questa scienza. Vi si legge: “De chiromantia vero nolo determinationem praecipitem ad praesens facere, quia forte pars est physiognomiae, quae collecta videtur ex significationibus magisterii astrorum super corpus et super animam, dum mores animi conicit ex exteriori figura corpus; non quia sit unum causa alterius, sed quia ambo inveniuntur ab eodem causata”.

On the topic of physiognomy the author of the Speculum expressed himself explicitly in chap. XVII/17-21; he suspended judgment, though he left it to be understood that he was not opposed to the practice: “forte pars est phisiognomiae quae collecta videtur ex significationibus magisterii astrorum super corpus et super animam, dum mores animi conieit ex exteriore figura corporis; non quia sit una causa alterius, sed quia ambo inveniuntur ab eodem causata.”

[cfr. Paola Zambelli, The¸Speculum astronomiae and its Enigma: Astrology, Theology and Science in Albertus Magnus and his COntemporaries; Dordrecht: Kluwer, 1992;

cfr. Hendrix, Scott. “Albert the Great, the Speculum Astronomiae, and Astrology.” Studies in Medieval and Renaissance History 15, 2018, pp. 151–190].

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Calibre Library

Edizione critica con traduzione in inglese, a cura di Paola Zambelli. Testo in pdf. Testo ricercabile, completo. Accesso libero.


Anonimo fine epoca Song o inizio Yuan

Opera

Taiqing shenjian

Caratteristiche

Manuale in sei capitoli in cui si trova materiale dello Shenxiang Quanbian e che suscita molti dubbi, a cominciare dalla sua attribuzione. Si dice esser stato composto dall’alto funzionario Wang Pu sotto Shizong della dinastia degli Zhou posteriori, ma questo testo non compare in nessuna fonte bibliografica sotto la dinastia Song. Inoltre, nell’introduzione si asserisce che Wang lo avrebbe composto in una grotta sul Monte Linwu a Jiangsu, ma studi dettagliati sulla sua vita rivelano che non si è mai recato a sud dello Yangze. E, allo stesso tempo, ogni connessione di Wang con l’arte divinatoria è poco verosimile. È d’uopo pensare dunque che la composizione di questo testo sia da collocare nell’ultimo periodo della dinastia Song, se non addirittura sotto la dinastia Yuan.

Oggi se ne trovano due edizioni: una nel Mohai Jinhu di Zhang Haipeng (1920 ed.; reprint in the Congshu Jicheng), un’altra nello Shoushange congshu di Qian Xizuo.

[cfr. Kohn, Livia. “A Textbook of Physiognomy: The Tradition of the ‘Shenxiang Quanbian.’” Asian Folklore Studies, vol. 45, no. 2, 1986, pp. 227–58. JSTOR, https://doi.org/10.2307/1178619.  Kohn, Livia. “‘Mirror of Auras’: Chen Tuan on Physiognomy.” Asian Folklore Studies, vol. 47, no. 2, 1988, pp. 215–56. JSTOR, https://doi.org/10.2307/1178278]


Anonimo 1300 ca.

Opera

Lapidarius et Liber de physionomia Aristotelis

Caratteristiche

Attribuito ad Aristotele, ma composto nel 1300 ca., come dimostrano i riferimenti nel testo ad autori come Razes e Alberto Magno.

È un’opera dedicata interamente alle pietre preziose e alla fisiognomica, scritta in onore di re Venceslao II di Boemia (1266-1305). Il manoscritto è conservato come un testo del XV secolo nella Public Library di Bern (MS. 513) come una fisiognomica anonima. Il testo è diviso in tre parti. Nella prima si tratta del Lapidarius di Aaristotele nella nuova traduzione dal greco con tutti gli altri lapidari e le loro affermazioni su colori, virtù, e luoghi di generazione di ogni pietra. La seconda parte descrive come le virtù delle pietre preziose siano accresciute e alterate in base a diverse situazioni, per esempio indossandole al dito oppure sotto l’ascella, oppure combinandole con altri oggetti e incidendovi sopra dei caratteri. La terza parte è dedicata interamente alla fisiognomica.

[vedi Zdeněk Žalud: Secretum Secretorum and Virtue of Precious Stones: Comments on Interest in Divinatory Arts (Astrology, Physiognomy) and Magic in the Court of Wenceslaus II, “ROYAL COURT AND THE TOWN“
International colloquium, ed. Klára Benešovská, Prague, 3.–5. 2. 2011 ].


Radulphus Brito 1300 ca.

Opera

Quaestiones super librum De physionomia Aristotelis (1300 circa, se l’attribuzione è corretta).


Roger Bourth 1300 ca.

Opera

Physiognomia Aristotelis


Anonimo inizio XIV sec.

Opera

Exposicio brevis et utilis phisionomie Aristotelis (Erfurt, Ampl., Q. 186)


Giovanni di Jandun 1310

Opera

Commento alla Physica aristotelica (1310 circa)

Caratteristiche

Il teologo collega la Physiognomonica pseudoaristotelica con il De animalibus, dato che prende in considerazione anche le parti e le disposizioni del corpo umano. Inserisce il trattato di fisiognomica sotto la categoria di philosophia naturalis e la considera un’annessa al De animalibus  Aggiunge che la fisiognomica è una scienza conveniente per la vita morale e pratica perché ci insegna a riconoscere il carattere naturale di una persona.

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Münchener DigitalisierungsZentrum

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Google Books

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Wheatley 1310 ca.

Opera

In Boethii de scholarium disciplina

Caratteristiche

Il commentario In Boethii de scholarium disciplina, erroneamente attribuito a Tommaso d’Aquino, è in realtà opera di William Wheatley (morto nel 1320). Il trattato fa riferimento al fisiognomo Filemone e ricorda il famoso aneddoto dell’analisi fisiognomica che filemone fa di Ippocrate, come raccontato nel Secretum secretorum. L’autore fa riferimento ad Aristotele e Alberto Magno. Il contesto del passaggio non è fisiognomico ma dimostra che Ippocrate poteva superare la sua natura peccaminosa e stravagante grazie al suo amore per la filosofia e il suo desiderio di rispettabilità – tema che combacia perfettamente col fine del lavoro: istruire gli studenti.  Anche in questo caso l’aneddoto non viene dal dal Physiognomonica, ma dal Secretum.

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Corpusthomisticum.org

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Xue Yannian 1313

Opera

Commentario al Renlun datongfu (1313)

Caratteristiche

L’ampio commentario di Xue Yannian al succitato Renlun datongfu ci aiuta a datare più precisamente il manuale.


Jean Buridan (1295-1363)

Opere

Questiones super librum de physionomia

Expositio super librum de physionomia

Caratteristiche

Jean Buridan (1295-1363), filosofo e logico francese, scrive due commentari alla Physiognomonica pseudo-aristotelica: il primo è un insieme di 15 domande, il secondo un’esposizione.

Ci fornisce una sua definizione della fisiognomica: “Physonomia est scientia qua iudicamus de passionibus anime per signa exteriora corporis”.

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Prima edizione critica delle Questiones

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Anonimo inizio XIV sec.

Opera

Li ars d’amour, de vertu et de boneurté

Caratteristice

L’autore di questo testo scolastico filosofico in francese volgare sulle virtù, l’amicizia e l’amore (che potrebbe essere Guy d’Avesnes, Vescovo di Utrecht tra 1301 e 1317, e un allievo di Henry Bate of Mechelen) fa riferimento principalmente all’Etica Nicomachea di Aristotele e al suo commento di Tommaso d’Aquino. In uno dei capitoli, utilizza la Physiognomonica di Pseudo-Aristotele, completata dal Liber ad almansorem di Razes, anche se l’autore non fa esplicito riferimento ai loro nomi. Questo uso del Physiognomonica in lingue volgari intorno al 1300 dimostra che il trattato era già largamente diffuso.

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Internet Archive

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al-Anṣārī 1323

Opera

Kitāb al-siyāsa fī ȓilm al-firāsa

Caratteristiche

Trattato interamente dedicato alla fisiognomica, forse il trattato di fisiognomica più esteso del mondo arabo-islamico, composto prima del 1323. Al-Ansari comincia l’opera proclamando l’utilità della fisiognomica nel regolare le relazioni sociali grazie all’introspezione che offre del carattere.

L’opera fu concepita come un’ampia raccolta del sapere fisiognomico elaborato nei secoli precedenti, una summa del pensiero fisiognomico. Al-Ansari presenta i tre metodi che devono essere utilizzati: zoologico, geografico e sessuale. Il metodo sessuale sembra essere tipicamente applicato alle schiave: i segni visibili sono usati per conoscere la condizione delle parti “nascoste” della donna in relazione alla bellezza, l’idoneità alla procreazione e la propensione a dare piacere sessuale. L’istituzione di un metodo basato esplicitamente sulle differenze sessuali probabilmente risale al trattato del filosofo Fakhr al-Dīn al-Rāzī. È probabilmente lui il primo a distinguere un metodo autonomo basato sull’anatomia sessuale, in aggiunta ai metodi ereditati dal mondo classico: espressivo (basato sulle espressioni del volto), zoologico ed etnico. Fakhr al-Dīn al-Rāzī è menzionato infatti tra le autorità del sapere fisiognomico da al-Ansārī.


al-Dimashqī 1327

Opera

Kitāb al-Jalil fi ‘ilm al-firāsah

(An Important Book on the Science of Physiognomy)

حيان فى علم الفراسه حيان

Caratteristiche

Uno dei più popolari trattati arabi sulla fisiognomica fu quello scritto da Shams al-Dīn al-Dimashqī (1256 o 1257 – 1327), che era un imam della città di Rabwah in Siria. Nel suo trattato sull’argomento, spesso intitolato al-Siyasah fī ‘ilm al-firāsah, cita sette autorità in materia, ognuna delle quali viene indicata con delle abbreviazioni: Aristotele (indicato con l’enfasi ta’), il greco Polemone (che egli designa con la lettera nun), il medico al-Rāzī (designato con la lettera sad che rappresenta l’enciclopedia medica Kitāb al-Mansuri dove si trova un capitolo sull’argomento), il teologo Fakhr al-Dīn al-Rāzī (abbreviato con la lettera ra’), il mistico spagnolo Ibn al-‘Arabi (abbreviato con la lettera ba‘), il teologo e giurista dell’VIII-IX secolo al-Shafi (abbreviato con la lettera ‘ayn) e uno scrittore che al-Dimashqi chiama Aylawus (abbreviato con la lettera sin). Quest’ultima figura potrebbe essere un medico greco di nome Aelius, ma è più probabile che si tratti di un riferimento confuso a Ippocrate, poiché diversi scritti ippocratici ebbero una certa influenza sul pensiero fisiognomico successivo, in quanto utilizzavano indicatori fisiognomici. Ad esempio, il trattato ippocratico sulla prognosi e sui segni di morte utilizzava le caratteristiche fisiche come guida: era un cattivo segno se il naso diventava appuntito e l’occhio infossato, o se le unghie erano di colore verdastro, allora la morte poteva essere prevista a breve.

Al-Dimashqī affianca alla fisiognomonia propriamente detta gli elementi astrologici che per molto tempo ne determineranno la diffusione e lo sviluppo.

[Il trattato di al-Dimashqī è conservato oggi in almeno sedici copie. Un manoscritto (MS A 58) si trova nella sezione Islamic Medical Manuscripts della National Library of Medicine (Bethesda, Maryland). Per altre copie, si veda GAL vol. 2, p. 130 (161) e GAL-S, vol. 2, p. 161; e Ullmann, Natur, pp. 34 e 130. La copia della NLM, sebbene non datata, è una copia precoce e importante realizzata nell’Egitto mamelucco. Il testo è stato pubblicato due volte: prima in un’edizione acritica del XIX secolo, Al-Firāsah li-ajil al-siyasah (Cairo, 1882), e poi più recentemente in un’edizione che utilizza diversi manoscritti (ma non quello della NLM): Shams al-Dīn Muḥammad ibn Abī Ṭālib al-Dimashqī, al-Siyasah fi ‘ilm al-farāsah, a cura di Muḥammad ibn al-Sufi (Cairo: Dar Zahid al-Qudsi, 1983)].

[cfr. Kitāb al-Jalil fi ‘ilm al-firāsah, Islamic Medical Manuscripts at the National Library of Medicine, Catalogue: Physiognomy;

vedi anche: Johannes Thomann (2022), Ibn Abī Ṭālib al-Dimashqī’s Works on Physiognomy and His Greek, Indian and OldTurkic/Mongol Sources, In: Monika Springberg, Thomas Bauer, “Conflict and Coexistence: Proceedings of the 29th Congress of the Union Européenne des Arabisants et Islamisants”, Münster 2018. Leuven: Peeters Publishers, 61-70].

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Cecco d’Ascoli 1327

Opere

L’Acerba

De quodam modo physonomiae (?)

Caratteristiche

Cecco d’Ascoli (1269 ca. – 1327) fu un ghibellino, professore di medicina e astrologia all’Università di Bologna, astrologo del duca di Calabria, poeta e mago dotato di uno straordinario sapere enciclopedico, condannato al rogo come eretico il 16 settembre 1327 a Firenze.

La sua fama di filosofo e di astrologo era legata a quella di mago, alchimista, negromante e indovino. La sua opera più nota è L’Acerba, un poema composto da 4.865 endecasillabi in sestine (che l’autore chiama “mosse”). Come scrive Éva Vígh, si tratta di “un lavoro originale e organico nella sua struttura, e rappresenta tutta la cosmologia dell’autore, il quale, nel comporre il poema, utilizzava anche i risultati dei proprio studi, osservazioni ed esprimenti”. Rimasto incompiuto alla strofa quattordicesima del quinto libro a causa della morte di Cecco (1327), il poema costituisce una ricca enciclopedia, “una straordinaria sintesi del sapere medivale in cui l’autore descrive il cielo e il cosmo, con un piccolo bestiario e un lapidario rimato, in rapporto con l’uomo e con l’animo umano. Le sue considerazioni scientifiche, astrologiche, fisiognomiche e morali costituiscono una visione precisa e insieme simbolica di tutta la straordinaria concatenazione degli elementi del cosmo”.

Il secondo libro dell’Acerba sviluppa, in relazione ai moti e agli influssi celesti, la questione delle virtù e dei vizi umani. Il primo capitolo è dedicato alla fortuna; il secondo tratta «dell’influenza dei cieli e della nascita dell’uomo»; il terzo è dedicato ad «alcuni segni fisionomici»; nel quarto, Cecco definisce la virtù in generale. Poi, dal quinto all’ultimo – diciannovesimo – libro, vengono prese in esame le virtù cardinali con altre ad esse collegate (Liberalità, Umiltà, Castità, Costanza, Moderazione, Magnanimità e Nobiltà); seguono i sette vizi capitali (Avarizia, Superbia, Lussuria, Invidia, Gola, Ira e Accidia), nonché la Vanagloria e l’Ipocrisia. Come nota Éva Vígh, “alla base delle conoscenze filosofico-teologiche [di Cecco] sono ovviamente Aristotele e Tommaso d’Aquino”.

Il secondo capitolo del secondo libro («Della nascita dell’uomo, dell’influenza dei cieli»), continua Vígh, “rileva appunto l’influsso dei cieli sulla nascita e, di conseguenza, sulle caratteristiche psicofisiche dell’uomo. Alla base della concezione astrologica di Cecco sta naturalmente Dio che creò l’uomo, e gli astri sono il mezzo fra il Creatore e le sue creazioni in quanto agenti. I raggi divini influiscono sul corpo umano, sul suo aspetto attraverso i segni dello zodiaco, e in tal modo la formazione di ogni membro umano, durante i nove mesi di gestazione, sta sotto l’influenza dei pianeti. I pianeti che influenzano la formazione del corpo e dell’anima, insieme alle caratteristiche psicofisiche impresse, conferiscono anche le moralità. All’interno di tale ragionamento viene inserita da Cecco la questione fisiognomica come momento introduttivo ai costumi e, soprattutto, come anello di congiunzione fra gli astri e i costumi. La fisiognomica in tal modo occupa un posto di rilievo fra il mondo celeste e quello terrestre: è un’arte che collega cielo e terra. Gli ultimi versi del secondo capitolo del secondo libro dell’Acerba, dopo la presentazione degli astri, introducono quindi le questioni fisiognomiche. I «segni certi» impressi dagli astri sono evidenti e in parte visibili sul corpo; altri invece, pur invisibili, scoprono i segreti dell’anima. Tutto il discorso fisiognomico comincia appunto con il verso […] «Mostra la vista qualità del core», cioè il carattere non può nascondersi nell’involucro del corpo perché è appunto il corpo (e soprattutto gli occhi) a scoprire con uno sguardo esperto i segreti dell’anima. Il metodo di Cecco nel trasmettere al lettore i giudizi morali in base all’aspetto esteriore è basato su osservazioni millenarie, riassunte appunto dai trattati di fisiognomica: vengono, infatti, elencate varie qualità fisiche da cui sono dedotte le moralità”.

Vígh riporta l’esempio di una descrizione fatta da Cecco di “un tipo dai capelli crespi, con ampia fronte e occhi piccoli infossati”:

Crespi capelli con l’ampiata fronte,

con gli occhi piccinini posti dentro,

con memoria e ragion sono congiunti,

fanno disdegno ne l’alma superba

che d’ogni sottil cosa mira al centro,

ma pure d’umiltà si mostra acerba (II iii 7-12).

La fronte larga, anche in accordo con l’opinione dei fisiognomi antichi designa uomo di mente acuta: «Aristotele afferma che coloro che hanno la fronte larga sono assai presti a moversi di mente (e trascritto da’ medesimi Galeno e Plinio)» c’informa il Della Porta nel Della Fisonomia dell’uomo, in cui si basa sulle auctoritates antiche e medievali della fisiognomica paragonando e confrontando le loro affermazioni. I capelli crespi, invece, caratterizzano le persone che vivono in Meridione e, secondo l’opinione consona degli esperti di fisiognomica, non denotano una persona molto acuta e d’ingegno sottile. Secondo l’Anonimo Latino, «i capelli crespi rivelano un uomo oltremodo astuto, avaro, timido, bramoso di guadagno». Se i capelli crespi sono neri caratterizzano uomini «poco atti alle scienze. Soggiunge Polemone: sono di varii pareri, leggieri di mente, bugiardi, ingannevoli, ladri»; così afferma anche il Della Porta, sempre sulla scia dei suoi maestri. Il Liber Phisionomiae di Michele Scoto dà la stessa testimonianza, presa, a sua volta, probabilmente dal capitolo xxvi (Capitulum signiicationum capillorum) dell’Ad Almansorem di Razi.

Al nome di Cecco d’Ascoli è legato anche un trattatello di fisiognomica dal titolo De quodam modo physonomiae, che era stato trovato in appendice ad un codice trecentesco dell’Acerba conservato nella Laurenziana ed attribuito a Cecco da Giuseppe Boito. Il testo viene attribuito a Cecco anche da Vincenzo Paoletti nel 1905 e da Pasquale Rosario nell’edizione dell’Acerba del 1916. Éva Vígh nota che lo stesso bibliotecario della Laurenziana, Angelo Maria Bandini, “aveva già sospettato questa possibilità nel 1778”.

Eva Vígh dimostra che il compilatore del trattatello attribuito a Cecco attinse, se non copiò, parti intere da alcuni fisonomisti. Non solo la somiglianza con altri trattati risulta evidente, ma in alcune parti l’autore copia direttamente alcune fonti. Le ragioni riportate da Vincenzo Paoletti sono, secondo Vígh , infondate e insufficienti per attribuire la paternità del trattatello a Cecco. Il fatto di trovarsi in calce ad un antico codice del poema volgare dell’ascolano e solo ad uno dei tanti codici ed edizioni dell’Acerba è “un documento interessante” che secondo Vígh “conferma solo la diffusione dell’approccio fisiognomico e potrebbe trasmettere una serie di informazioni riguardo al copista o alla diffusione dell’argomento, ma niente di più”.

L’operetta in questione è un estratto che comunque “senza dubbio è da ricollegarsi agli insegnamenti generici formulati nell’Acerba relativi all’astrologia, alla fisiognomica e ai costumi ed insegnamenti presenti anche in diverse compilazioni di tale disciplina antiche e medievali.  In realtà, questo testo anepigrafo, chiamato dalla critica moderna De quodam modo physonomiae dal titolo del primo capitolo, è uno dei tanti trattatelli medievali ripetitivi e per nulla originali. In alcuni passi sembra identico alle formulazioni del trattato dell’Anonimo Latino, composto nel IV secolo d.C. In altre parti, invece, è la versione testuale della Physiognomonika dello Pseudo-Aristotele, il testo più antico della fisiognomica, allora inserito nel corpus aristotelico. Per le osservazioni relative agli animali la fonte era Polemone, tra l’altro citato anche per nome. Non poche convergenze si scoprono con il Liber ad Almansorem di Razi. I frequenti riferimenti nel De quodam modo physonomiae ad altre autorità della fisiognomica (Polemone, Razi, Avicenna) dimostrano il fatto che già dal Duecento in poi si cominciò a discutere in modo assai sistematico sulla fisiognomica quando, attraverso un canone di testi greci e arabi, era arrivato il momento della rinascita europea di questa scienza. […] Cecco d’Ascoli, nel comporre l’Acerba, poteva quindi avere davanti tutta una serie di trattati e trattatelli di fisiognomica, in rapporto intrinseco con la medicina, l’astrologia e la moralis. Cecco seguiva anche in questo approccio l’unica via legittima e praticabile per la fisiognomica: egli procede, infatti, da conoscenze naturalistiche, astrologiche e mediche tenendo presenti i costumi, vale a dire crea quel rapporto diretto e interattivo che sta fra corpo e anima, fra segni corporali e caratteriali”.

[vedi Éva Vígh, “Mostra la vista qualità del core”. Fisiognomica e caratteri in Cecco d’Ascoli, in «Letteratura Italiana Antica«, XI (2010), pp. 373–394].

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Rolandus Scriptoris 1430 ca.

Opera

Reductorium phisonomie

Caratteristiche

Il Reductorium phisonomie è un commentario del Liber compilationis phisonomie (1295) di Pietro d’Abano. Esso presenta un compendio dello stato dell’arte fisiognomica, delle regole essenziali della disciplina e la loro spiegazione causale basata su ragionamenti medici, naturali, pilosofici e astrologici e fondati su una pletora di testi scientifici. Fu compilato da Rolandus Scriptoris (conosciuto anche come Roland L’Escripvain, o Roland di Lisbona), un medico e astrologo portoghese attivo nella prima metà del quindicesimo secolo. Dopo il 1425 Rolandus divenne il medico di John of Lancaster, duca di Bedford, reggente di Francia durante l’infanzia di Henry VI, a cui dedicò due suoi lavori, il trattato di fisiognomica e un trattato di aritmetica.

La miniatura sul foglio di apertura del Redactorium phisonomie di Rolandus Scriptoris (manoscritto minato della Biblioteca da Ajuda di Lisbona, MS 52-XIII-18) ci offre un esempio di iconografia della fisiognomica. Questa miniatura astrologica, attribuita al Maestro di Bedford, è stata interpretata in passato come la rappresentazione dei mesi dell’anno e dei giorni della settimana. Ziegler e Ribeiro esplorano le rappresentazioni dei tipi fisici corrispondenti ai dodici segni dello zodiaco e ai sette pianeti, e mostrano che questa raffigurazione dei tipi umani collega ogni segno e pianeta a una figura umana, non solo in termini generali, ma anche attraverso dettagli minuziosi, dalla forma degli occhi alla peluria del corpo, dalla forma del naso alla dentatura o alla misura dei genitali.

[Per una descrizione del manoscritto minato:Ziegler, Joseph; Campos Ribeiro, Luís, Astral Physiognomy in the Fifteenth Century : The Case of the Illuminated Opening Folio of Rolandus Scriptoris’s Reductorium phisonomie, in The Body as a Mirror of the Soul: Physiognomy from Antiquity to the Renaissance. editor / Lisa Devriese. Leuven : Leuven University Press, 2021, pp. 186-206].


Yuan Zhongche 1439 ca.

Opera

Shenxiang quanbian

Caratteristiche

Lo Shenxiang quanbian (“guida completa alla fisiognomica dello spirito”) è il principale manuale del metodo tradizionale cinese di interpretare la salute, il carattere e il fato di una persona attraverso il suo aspetto fisico. Compilato originalmente da Yuan Zhongche, conosciuto anche come Gongda o Jingsi (all’albore della dinastia Ming, 1367-1458), che era un fisiognomo ben noto ai suoi tempi, il testo si presenta oggi in un’edizione della fine della dinestia Ming preservata alla Libreria nazionale centrale di Taipei (Taiwan), ed è stata ristampata nella grande enciclopedia cinese Gujin tushu jicheng (capitoli 631-644). I principi dello Shenxiang quanbian sono tutt’oggi applicati, come dimostra l’opera di William Lessa sulla fisiognomica cinese (o divinazione del corpo/somatomacy, come preferisce chiamarla) [William Lessa, Chinese Body Divination. Its Forms, Affinities, and Functions, United World, Los Angeles, 1968]. Un’altra testimonianza dell’importanza odierna dello Shenxiang è data dal fatto che il manuale giapponese di riferimento per la fisiognomica, edito dalla Tokyo Shrine Administration, non è altro che una traduzione ridotta dell’antico testo cinese.

Nella vecchia edizione di epoca Ming, il testo è diviso in 12 capitoli. I primi due capitoli trattano dei principi di fisiognomica in generale, e includono trattati di autori come Lii Dongbin, Guiguzi, Tang Ju, Xu Fu, Guan Lu e Bodhidharma. Vi sono anche semplici osservazioni sulla natura dello spirito, dell’energia e del corpo, e sulla loro interrelazione con l’uomo e con l’universo. Inoltre, circa quaranta tipi fisici di base sono delienati. Nel terzo capitolo, si analizzano fisiognomicamente i dettagli del corpo: volto, capelli, sopracciglia (30 tipi), occhi (36 tipi), naso (24 tipi), orecchie (14 tipi), bocca (14 tipi) e altri dettagli come labbra, denti eccetera. Nel capitolo 4 si esplora gradualmente tutto il corpo: schiena, seno, gambe… Dunque i movimenti del corpo e varie attività: mangiare, camminare, stare in piedi, dormire eccetera. Nel capitolo 8 si discute delle forme, delle linee, dei segni sulle mani e sui piedi. Il capitolo 9 tratta delle donne, dei bambini, e dei 50 tipi di corpo. Nel capitolo 10 e 11 si tratta del significato dei nei nelle diverse parti del corpo e della carnagione. Il capitolo finale comprende la diagnosi di malattie sulla base dell’analisi della carnagione e dei diversi tipi di energia.

Questo grande compendio di concetti e dettagliate analisi così sistematizzato è il risultato di una lunga tradizione, difatti vi sono citati tutti i grandi maestri della fisiognomica, e vengono utilizzati manuali precedenti, riassumendo di fatto secoli di sapere. Tale ricchezza è ciò che lo ha reso un manuale ancora utilizzato come guida pratica.

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California Digital Library

New platform for The Complete Classics Collection of Ancient China and The Encyclopedia of Taiwan. Gujin tushu jicheng in formato full text, ricercabile. Testo completo. Accesso libero.


Michele Savonarola 1442

Opera

Speculum phisionomiae

Caratteristiche

Medico di grande prestigio attivo tra Padova e Ferrara (1385-1466), Savonarola scrive lo Speculum phisionomie dopo il trasferimento alla corte estense nel 1440. Dedicato a Leonello d’Este e datato 1442, il trattato non va annoverato tra le opere di Savonarola che hanno un credito immediato, come la Practica maior e la Practica canonica de febribus. La prima parte dello Speculum raccoglie infatti quanto già esposto da Pietro d’Abano sui rapporti tra i signa corporis e i caratteri; né il paradigma astrologico della seconda parte si stacca dall’orizzonte del formulario convenzionale.

Nello Speculum si ritrova la teoria degli umori: un temperamento caldo farà l’anima audace e violenta; se domina invece un carattere freddo, essa sarà paurosa e pusillanime. L’anima può cambiare il corpo: l’immaginazione la modifica mettendo in movimento gli spiriti animali. Il viso quindi è l’effetto di passioni suscitate dal temperamento: esso ne disegna i tratti, ne modella le forme. Considerate i capelli che lo circondano o i peli che vi crescono. Saranno abbondanti se il temperamento è caldo, radi se è freddo, ricci se è asciutto, lisci se umido.

Ma questa attenzione verso gli umori coesiste con elementi che, per la prima volta, sono moderni: Savonarola fa precedere ogni studio fisiognomico da qualche principio di anatomia che concerne la parte del corpo studiata. Accorda così una grande importanza all’anatomia dell’occhio, grazie al posto che esso occupa nella diagnostica fisiognomica. E fa inoltre riferimento alla teoria dei sensi interni per fare dell’uomo interiore un uomo anatomico, lontana prefigurazione delle posizioni di Gall. In tal modo, coloro i quali hanno la parte posteriore del ventricolo mediano molto sviluppata sono dotati di «virtù estimativa», sono persone affidabili, quel genere di uomini che i principi dovrebbero aver cura di ascoltare invece di dar retta ai chiacchieroni.  A questo insieme di dati, Savonarola aggiunge enunciati astrologici tipici della divinazione fisiognomica [cfr. Courtine J. J., Haroche C., Storia del viso. Esprimere e tacere le emozioni, dal XVI all’inizio del XIX secolo, Sellerio, Palermo, 1992].

Ed è questo il carattere della maggior parte delle opere del periodo: alle osservazioni e alle classificazioni del medico si sovrappongono quelle dell’astrologo.  Gli organi, gli umori e i temperamenti rinviano ai pianeti; gli uomini zodiacali popolano i trattati. L’astrologia domina il pensiero medico del XIV e del XV secolo: i fisionomi sono attratti dalla grande quantità di scritti astrologici, di predizioni, manuali di chiromanzia, di orinomanza o di arti esoteriche della memoria. Savonarola afferma nella prefazione al suo De balneis (un lavoro tardo che parla delle terme italiane) che era particolarmente fiero del suo Speculum oltre che di quest’opera sui bagni termali, e che Theodorus Gaza tradusse entrambe da latino al greco, ma le versioni greche di tali opere sono considerate perdute.

Lo Speculum physionomie esiste in tre manoscritti: Leipzig, UB, 3472 (Hanel); Venice, Marc. lat. VI. 156 (2672); Paris, BnF, lat. 7357. Il manoscritto di Leipzig tramanda una redazione testuale diversa da quella di Venezia e di Parigi. I tre manoscritti si dividono abbastanza facilmente: P e V presentano una versione, e sembrano chiaramente dipendere dallo stesso archetipo (anche se P è generalmente molto più corretto di V), mentre L presenta una versione diversa. Zuccolin crede che l’archetipo di L sia posteriore all’archetipo di P e V. P e V hanno porzioni di testo che L non ha, ed è più verosimile che queste porzioni siano state tolte piuttosto che aggiunte. tuttavia L ha alcune porzioni che P e V non possiedono. Dato che le due versioni (P e V da un lato e L dall’altro) sono molto diverse, è improbabile che provengano dallo stesso archetipo. Zuccolin sostiene che L sia la copia dedicatoria prodotta per Leonello d’Este. Questa copia sarebbe stata fatta da un apografo o da una copia di servizio che Savonarola avrebbe ottenuto (eliminando le parti più tecniche, rendendo i riferimenti espliciti, e aggiungendo alcuni aneddoti più adatti ad uso della corte) dall’archetipo a cui, qualche anno dopo, i copisti di P e V avrebbero avuto accesso.

[vedi Zuccolin, Gabriella, The Speculum phisionomie by Michele Savonarola. In: Universality of Reason. Plurality of Philosophies, 16-22 September 2007, Palermo, 2012;

Anne Denieul Cormier, Le Speculum phisionomie de Michel Savonarole et ses sources, Thèse de l’École nationale des Chartes, 1953]


Johannes Hartlieb 1448

Opera

Die Kunst Chiromantia

Caratteristiche

È il testo tedesco più antico che conosciamo sulla chiromanzia. Scritto da Johannes Hartlieb nel 1448, non è stato stampato fino al 1475. Consiste di 45 illustrazioni di mani su cui sono disegnate delle linee, dei “segni”, insieme a concise interpretazioni dei loro significati. L’importanza di questo testo sta soprattutto nel fatto che si tratta, probabilmente, del primo testo a stampa sulla chiromanzia tout court.

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Gallica

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John Meteham of Norfolk 1449 ca.

Opera

Trattato di Chiromanzia

Caratteristiche

John Metham era uno studioso di corte sotto il patrocinio id un certo Lord Stapleton of Ingham a Norfolk. Metham dichiara che il trattato sulla chiromanzia da lui presentato è una traduzione di un trattato latino antecedente scritto da un Doctor Aurelyan. Il testo dev’essere stato scritto da Metham intorno al 1449, ed esistono ancora due copie del manoscritto, una conservata nella libreria della Princetown University (USA) e l’altra al All Soul’s College di Oxford (UK).

Delle due versioni del trattato di Metham sulla chiromanzia, il manoscritto MS. 81 dell’ All Souls College è più tardo e meno caratteristico di Norfolk nell’ortografia.

Of the two versions of Metham’s treatise on Palmistry printed here, the one from All Souls College MS. 81 is manifestly later and less characteristic of Norfolk in orthography.*. [G. Neumann, , Marburg, , 1904.]It agrees closely with the Garrett manuscript except in spelling and for one apparently accidental omission of two short

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Girolamo Manfredi 1474

Opera

Liber de homine o Il Perché

Caratteristiche

Il Liber de homineIl Perché fu scritto nel 1474 in italiano da Girolamo Manfredi (1430 ca. – 1493 ca.), un celebre dottore, astrologo e professore dell’Università di Bologna, pensato per degli specifici lettori: la classe dirigente e i medici praticanti non istruiti nelle università. Manfredi fu il primo autore a scrivere in volgare nel genere dei problemata.

Il Liber è diviso in due libri: il primo è dedicato ai metodi per preservare la salute, un regimen sanitatis; il secondo consiste in un trattato di fisiognomica. Il trattato di fisiognomica ne Il Perché, dedicato alla “composizione dell’uomo”, è diviso in 13 capitoli che pongono quesiti riguardo a: capelli (cap. 1), testa (cap.2), occhi (cap.3), bocca (cap.4), orecchie (cap.5), naso (cap.6), mani e braccia (cap.7), piedi (cap.8), collo e schiena (cap.9), voce (cap.10), organi interni (11), stomaco, la sete e la fame (cap. 12) e i genitali (cap. 13).

Tali parti qui indagate sono comuni nei trattai di fisiognomica, sebbene compaiano qui in una sequenza che differisce da quella ortodossa (capelli, fronte, orecchie, spazio tra le sopracciglia, occhi, naso, bocca, labbra, denti, lingua e il resto del corpo fino ai piedi). Inoltre, Manfredi aggiunge a questi argomenti fisiognomici ulteriori aspetti propri della chiromanzia.

Tipiche dell’approccio di Manfredi alla fisiognomica sono due domande da lui elaborate: la domanda undicesima nel quarto capitolo, in cui si argomenta che la grandezza del volto determina il comportamento dell’individuo e la domanda terza nel settimo capitolo, in cui si collega la forma della mano all’intelligenza.

Finito di stampare la prima volta a Bologna il 1 luglio 1474 “per Ugonem Rugerium ed Dominicum Berthocum”, poi, nel 1497, dal solo Ugo Ruggeri, fu successivamente ristampato numerose altre volte fino al secolo XIX. Ristampato a Venezia per Benedetto di Bendoni nel 1532 col titolo: “Opera nova intitolata Il Perché utilissima ad intendere la cagione di molte cose, et maximamente alla conservatione della sanità, et phisionomia et virtù delle erbe”.

[cfr. Carré, Antònia , Cifuentes, Lluís, Girolamo Manfredi’s Il Perché: I. The Problemata and its medieval tradition, “Medicina & Storia (Online)”, vol. 10 fascicolo 19/20, 2010]

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al-Amshāṭī 1478

Opera

al-Qawl al-sadīd fī ikhtiyār al-imāʾ wa-l-ȓabīd [Cambridge University Library, MS Or. 1023]

Caratteristiche

al-Amshāṭī (1409-1496) scrive una rielaborazione del trattato di Ibn al-Akfānī’, al-Naʯar wa-l-taḥqīq fī taqlīb al-raqīq (che non ci è pervenuto nella sua interezza, e la cui unica parte rimasta non è quella che tratta di fisiognomica). al Qawl al-sadīd fī ikhtiyār al-imāʾ wa-l-ȓabīd è uno di quei trattati medici in cui la fisiognomica viene applicata all’acquisto degli schiavi.

Il trattato si apre con un riferimento al trattato di Ibn al-Akfānī, che definisce come un buon lavoro ma non del tutto soddisfacente, motivo per il quale al-Amshāṭī  ha eseguito questa riscrittura, aggiungendovi nozioni utili tratte dagli studiosi e dai filosofi.

Il trattato è formato da tre capitoli. L’introduzione fornisce utili consigli per chi desidera acquistare uno schiavo. Il primo capitolo descrive i tipi diversi di uomini e donne, liberi o schiavi, e il loro carattere; il secondo tratta delle diverse regioni geografiche e dell’aspetto fisico dei loro abitanti; l’ultimo capitolo cornisce una dettagliata descrizione delle parti del corpo e dei loro segni fisiognomici. La conclusione (khatima) è dedicata all’ispezione degli schiavi e l’individuazione dei difetti spesso nascosti dai mercanti di schiavi.

al-Amshāṭī, al-Qawl al-sadīd fī ikhtiyār al-imāʾ wa-l-abīd, Cambridge University Library, MS Or. 1023

[cfr. Antonella Ghersetti, “A Science for Kings and Masters. Firasa at the Crossroad between Natural Sciences and Power Relations in Arabic Sources”, in The Occult Sciences in Pre-Modern Islamic Cultures, ed. Nader El-Bizri and Eva Orthmann (Beirut: Ergon Verlag, 2018), 83-104].


Anonimo 1491

Opera

Cyromancia Aristotelis cum Figuris

Caratteristiche

Stampata a Ulm nel 1491,  ne esistono varie copie in forma manoscritta in tutta Europa. Il testo è chiaramente non attribuibile ad Aristotele, ela presenza del suo nome nel titolo è significativa del tentativo di evidenziare la serietà e la legittimità della chiromanzia come arte. L’autore si sforza di dimostrare come lo studio della chiromanzia sia giusto agli occhi di Dio, sforzo che continuerà e caratterizzerà anche il XVI e XVII secolo attraverso la citazione di quei passaggi della Bibbia che sembrano pronunciarsi favorevolmente nei confronti di quest’arte. Questo ricorso alle autorità della ragione come Aristotele e all’autorità delle Sacre scritture  contribuisce all’istituzione della chiromanzia come legittimo mezzo di indagine intellettuale, tanto che la chiromanzia, all’inizio del XVI secolo, divenne un’arte rispettata, in quanto, in congiunzione con la fisiognomica e l’astrologia, costituiva una parte vitale dello spirito di ricerca accademica che pervase l’Europa durante il Rinascimento.

[vedi anche Kraye, Jill. “The Printing History of Aristotle in the Fifteenth Century: A Bibliographical Approach to Renaissance Philosophy.” Renaissance Studies, vol. 9, no. 2, 1995, pp. 189–211. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/24412321].

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Traduzione in inglese del testo latino in Fred Gettings, The Book of the Hand, Paul Hamlyn, 1965. Documento PDF creato da immagini JPEG: testo ricercabile, testo completo. Accesso libero (modalità prestito).


Jörg Schapf 1485-1495

Opera

Chiromantia

Caratteristiche

Trattato tedesco di chiromanzia attribuito a Jörg Schapf e pubblicato tra il 1485 e il 1495. L’edizione qui riportata comprende un’introduzione e 44 tavole raffiguranti mani. Le tavole sono disposte in modo che a ogni mano femminile a sinistra (verso) corrisponda una mano maschile a destra (recto). Le linee e gli altri segni sulle mani sono spiegati in brevi didascalie in tedesco che sono state integrate nell’illustrazione corrispondente.

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Antiochus Tibertus 1494

Opera

Chyromantia/Libellum de Chiromantia

Caratteristiche

Stampata a Bologna nel 1494. È la prima opera di un chiromante italiano ad essere stampata.

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