L’età del ferro

Titolo L’età del ferro
Disegnatore Hendrick Goltzius
Incisore Anonimo
Misure 255 mmx 168 mm
Rif. Bartsch 36
Collocazione Collezione privata
Testo iscrizione “ Ferreus hinc fremuit lymphata mente Gradivus

Et Pacem toto dispulit orbe furor

Tunc Astrea polos terras exosa petivit

Cessit amor veri, cumque Pudore Fides”

Traduzione Iscrizione
Commento Iscrizione Gradivo insinua nella mente il ferro, e la violenza allontana la pace dalla terra, così come Astrea. Cessa il vero amore, la fiducia e il pudore.
Testo Metamorfosi Ovidio, Met., Libro I., vv. 128-150.
Descrizione Protagonista della scena è un uomo con un elmo piumato, probabilmente Marte, ritratto mentre brandisce una spada; è accompagnato da un giovane ragazzo che sostiene uno stendardo e uno scudo. Il contesto che viene presentato è violento, come se fosse stata ritratta una scena che anticipa una battaglia. In primissimo piano, infatti, si trovano armi, come un rudimentale cannone, e oggetti inneggianti alla guerra, quali tamburi e trombe. In secondo piano, si vedono vari gruppi di personaggi intenti a compiere attività agricole stancanti o a costruire fortificazioni mentre, in lontananza, nascosta tra le montagne, si intravede una serie di edifici che sembra andare in fiamme. Sulla destra esce di scena, trascinata su delle nubi in movimento, una figura femminile che reca in una mano una spada e nell’altra una bilancia; si tratta della vergine Astrea, simbolo della giustizia.
Iconclass 91E24
Parole chiave

età; ferro; Marte; spada; Astrea; giustizia; fiamme; incendio;

Commento descrizione L’ultima età, quella del ferro, viene presentata come la peggiore, quella in cui compare nell’uomo il senso di competizione che inevitabilmente porta alla guerra. Come si legge nei versi latini di Ovidio, “fugere pudor verumque fidesque”, ripreso da Estius con “Cessit amor veri, cumque Pudore Fides”, mentre la Verità, il Pudore e la Fede fuggivano, forse rappresentate dalle tre figure che sembrano allontanarsi su lato destro della scena, arrivavano la violenza, l’inganno e ogni genere di sentimento negativo. Ciò che viene descritta è una situazione di generale degrado morale, una società in cui regna un sospetto generale nel prossimo, tanto che la terra per la prima volta viene delimitata. È arrivata la Guerra, personificata dalla figura di Marte, protagonista della scena. Ovidio non fa menzione esplicita del dio, a differenza di Estius che invece lo cita, confermandone l’identificazione,  tramite uno dei suoi tanti appellativi, ossia “Gradivus”. L’idea di un popolo che non vive più in uno stato di grazia ma, ormai, perennemente in guerra è, quindi, materializzata nella figura del dio della guerra. La fedeltà della composizione a entrambi i testi è sottolineata dalla presenza di personaggi nominati nelle fonti; la vergine Astrea, infatti, riconoscibile grazie ai suoi attributi e che la rendono assimilabile alla Giustizia, infatti, è ritratta mentre si allontana dalla terra, così come racconta Ovidio: “[…]ultima caelestum terras Astraea reliquit” ed Estius, “Tunc Astrea polos terras exosa petivit”.

 

Confronti con altre incisioni
Osservazioni
Bibliografia Bibliografia