L’età dell’argento

Titolo L’età dell’argento
Disegnatore Hendrick Goltzius
Incisore Anonimo
Misure 255 mm x 168 mm
Rif. Bartsch 34
Collocazione Collezione privata
Testo iscrizione “Sub Iove deterior postquam consurgeret aetas

Rura coarctavit limite quisque suo.

Eque auro radiante orta est Argentea proles,

Saucia tunc duro vomere luxit humus.”

Traduzione Iscrizione
Commento Iscrizione Sotto Giove, essendo state inventate le stagioni, la stirpe argentea si trovò costretta a coltivare la terra utilizzando delle giovenche assoggettate al giogo.
Testo Metamorfosi Ovidio, Met., Libro I, vv. 113-124.
Descrizione Al centro della scena si trova una giovenca sottomessa al giogo, colta nell’atto di arare un terreno, guidata da un uomo vestito da una sorta di pelliccia. Al suo fianco, nascosta sotto un cespuglio, si trova seduta una donna con un fuso. La coppia è contrapposta a un gruppo di persone che si vede all’estremità destra della composizione, tra cui spicca una figura recante in mano una cornucopia. Ciò che emerge è la volontà di rappresentare il lavoro nei campi, attività cui gli uomini sono dediti; nel secondo piano, infatti, di nuovo si vedono personaggi intendi ad arare i colli, servendosi di animali. Confusi nel paesaggio, si intravedono degli alloggi simili a capanne sotto cui si riparano altri gruppi di persone. Nella parte alta della composizione, imperante, appoggiato su un fascio di nuvole appare Giove, in compagnia dell’aquila.
Iconclass 91E22
Parole chiave

età; argento; Saturno; Tartaro; aquila; Giove; giogo; cornucopia; campi; lavoro; agricoltura; terra;

Commento descrizione L’incisione racconta l’episodio ovidiano riguardante l’età dell’argento, definita dall’autore auro deterior. Dopo la reclusione di Saturno nel Tartaro, Giove, divenuto il controllore del mondo [sub Iove mundus erat], decise di dividere l’anno nelle quattro stagioni. Gli uomini ebbero, quindi, necessità di trovarsi un riparo per proteggersi dalla calura estiva e dal freddo invernale, costruendo così degli alloggi con verghe intrecciate [domus antra fuerunt et densi frutices et vinctae cortice virgae] nonché di lavorare la terra per assicurarsi la sussistenza. Ovidio, inoltre, racconta che gli uomini cominciarono ad adoperarsi per coltivare i campi a grano servendosi di giovenchi oppressi dal giogo poiché gli appartenenti a questa stirpe non sono più imperturbabili come nella precedente ma soggetti alle intemperie e agli eventi esterni.

Centrale alla composizione è la figura della vacca sottomessa all’uomo, ritratta nello sforzo di arare la terra; è ipotizzabile il riferimento alla fonte ovidiana[pressique iugo gemuere iuvenci], da cui traspare come la sussistenza umana sia assicurata dalla messa a coltura dei campi, resa possibile grazie all’ausilio di animali. L’idea del lavoro è tanto significativa da essere centrale anche nel passo di Estius che scrive “ rura coarctavit limite quisque suo”; attinente alla fonte originale, l’autore riferisce anche che i campi vengono lavorati grazie all’aratro come si evince dalle parole “duro vomere luxit humus”, dettaglio che presuppone l’intervento animale.

Il richiamo dei due testi è, quindi, piuttosto chiaro e la traduzione figurativa fedele; importante sottolineare anche la presenza di Giove, in secondo piano ma comunque in rilievo e ben riconoscibile, che, affacciato da una cortina di nuvole vaporose, sembra assistere al raccolto. La presenza del dio è confermata, in entrambi i testi, “sub Iove”.

 

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Osservazioni
Bibliografia Bibliografia