Abbiamo visto che sulla facciata del Palazzo del Seminario sono state rappresentate trenta allegorie di virtù. Ma come vengono rappresentati, invece, i principali vizi nell’arte?
I SETTE VIZI CAPITALI: ACCIDIA
L’Accidia è un torpore dell’anima e della mente, misto alla malinconia ed alla noia che non permette di agire. Spesso, questo vizio è associato alla Povertà, perché procurata dall’incapacità di operare, ed alla vecchiaia perché l’Accidia è uno stato d’animo tipico di quest’età. L’asino, la tartaruga o la lumaca sono animali che possiamo notare vicino alla rappresentazione di questo vizio perché considerati animali pigri per natura.
Cesare Ripa, nell’Iconologia (1625), così descrive l’allegoria dell’Accidia: “Donna vecchia, brutta, mal vestita che stia a sedere et che tenghi la guancia appoggiata sopra alla sinistra mano, dalla quale penda una cartella con un motto che dichi: TORPET INERS, et il gomito di detta mano sia posato sopra il ginocchio, tenendo il capo chino et che sia cinto con un panno di color nero et nella destra mano un pesce detto Torpedine. Accidia, secondo S. Giovanni Damasceno l. 2. è una tristitia che aggrava la mente, che non permette che si facci opera buona. […].”
Adesso vediamo qualche esempio di rappresentazione del vizio dell’Accidia nell’arte.
I SETTE VIZI CAPITALI: AVARIZIA
L’Avarizia è lo scarso desiderio di fare il bene altrui per mantenere intatto il proprio interesse. Questo vizio può essere applicato in molti ambiti della vita e, perciò, l’Avarizia comprende in sé più vizi. Infatti, questa non è soltanto l’interesse ad accumulare più denaro, ma anche l’invidia verso la proprietà altrui oppure, ad esempio, un desiderio eccessivo di accumulare cibo (gola).
Per questo motivo, nella Divina Commedia, Dante ritiene che l’Avarizia sia il peggiore dei mali: nel testo, questo vizio è rappresentato allegoricamente da una lupa, l’unico dei tre animali a spaventare così tanto Dante da fargli rinunciare di salire quel colle che si trova davanti dopo aver attraversato la “selva oscura”.
Del resto, è proprio il lupo ad accompagnare l’allegoria dell’Avarizia anche nell’Iconologia di Ripa (1625): “donna pallida et magra, che nell’aspetto mostri affanno et malinconia, a canto havrà un lupo magrissimo et a guisa d’idropico haverà il corpo molto grande et sopra vi terrà una mano, per segno di dolore, et con l’altra tenga una borsa legata et stretta, nella quale miri fissamente. Il lupo, come racconta Christofaro Landino, è animale avido e vorace, il quale non solamente fa preda aperta dell’altrui, ma ancora con aguati et insidie furtivamente, et se non è scoperto da pastori o da cani, non cessa sino a tanto che tutto il gregge rimanga morto, dubitando sempre di non havere preda a bastanza; così l’avaro hora con fraude et inganno, hora con aperte rapine toglie l’altrui, ne però può accumular tanto che la voglia si satii. […].”
Adesso vediamo alcune delle rappresentazioni dell’Avarizia nell’arte: di solito è rappresentata una figura, spesso femminile, circondata di monete o gioielli.
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I SETTE VIZI CAPITALI: GOLA
La Gola è il desiderio eccessivo di mangiare e di bere. L’ingordigia è considerato uno dei vizi capitali perché si oppone alla virtù della modestia ed alla povertà: i poveri non possono permettersi di mangiare molto, perciò, soprattutto nel Medioevo, la Gola è considerata un’ingiustizia sociale.
Il vizio della Gola è spesso rappresentato come una grassa figura umana, talvolta con il collo lungo per poter godere maggiormente del cibo come Filostene Ericino, un personaggio famoso per la sua ingordigia; altre volte accompagnata da un maiale o da un orso, considerati animali golosi per eccellenza. Tutto ciò si trova descritto anche nell’Iconologia di Cesare Ripa.
Di seguito, qualche esempio di rappresentazione del vizio della Gola nell’arte:
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I SETTE VIZI CAPITALI: INVIDIA
L’Invidia è spesso rappresentata come una brutta donna accompagnata da un serpente mentre sta divorando il suo stesso cuore perché gli invidiosi “hanno la lingua avvelenata come i serpenti” e si divorano l’anima.
Vediamo qualche esempio di rappresentazione dell’allegoria dell’Invidia nell’arte:
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I SETTE VIZI CAPITALI: IRA
L’Ira è solitamente rappresentata da un giovane perché perdere il controllo di sé, mostrandosi vendicativi verso qualcosa o qualcuno, è tipico di questa età, quando ancora non si è raggiunta una piena consapevolezza di se stessi. Spesso il giovane tiene una spada o un pugnale mentre ha gli occhi infuocati.
Cesare Ripa, nell’Iconologia, descrive l’Ira come una “donna giovane, di carnagione rossa oscura et perché appartiene a l’habitudine del corpo de gl’iracondi, come dice Aristotele nel sesto e nono capitolo della Fisonomia, haver le spalle grande, la faccia gonfia, gli occhi rossi, la fronte rotonda, il naso acuto et le narici aperte; si potrà osservare ancora questo: sarà armata et per cimiero portarà una testa d’orso, dalla quale n’esca fiamma e fumo, terrà nella destra mano una spada ignuda et nella sinistra haverà una facella accesa et sarà vestita di rosso. Giovane si dipinge l’Ira, percioché (come narra Aristotele nel secondo libro della Rhetorica) i giovani sono iracondi […]. La testa dell’orso si fa perché questo animale è all’Ira inclinatissimo.”
Adesso vediamo come l’allegoria dell’Ira è rappresentata nell’arte:
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I SETTE VIZI CAPITALI: LUSSURIA
La Lussuria è ritenuto un vizio molto grave soprattutto nel Medioevo: si tratta di un attaccamento eccessivo ai beni terreni e, in particolare, alla carnalità. Nel Rinascimento, la gravità di questo vizio diminuisce in quanto per l’Uomo è finalmente ammesso un appagamento dei sensi. Per questo motivo, la Lussuria può essere rappresentata come una donna brutta e nuda, morsa da serpenti, oppure come una donna bella come Venere, dea dell’amore sensuale. La Lussuria è accompagnata da un coniglio, un coccodrillo, un caprone o una pernice, animali lussuriosi per eccellenza.
Ecco la rappresentazione della Lussuria nell’Iconologia di Cesare Ripa:
Ecco un esempio particolare di rappresentazione della Lussuria:
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I SETTE VIZI CAPITALI: SUPERBIA
Quest’ultimo, la Superbia, è il peccato di ritenersi superiori a tutto, anche alle leggi. Spesso è rappresentata come una donna vestita di rosso, accompagnata da un leone, un’aquila o un pavone, mentre si guarda allo specchio.
Così è descritta da Cesare Ripa nell’Iconologia: “donna bella et altera, vestita nobilmente di rosso, coronata d’oro, di gemme in gran copia, nella destra mano tiene un pavone et nella sinistra un specchio, nel quale miri et contempli se stessa. La superbia, come dice S. Bernardo, è un appetito disordinato della propria eccellenza et però suol cadere per lo più ne gli animi gagliardi et d’ingegno instabile, quindi è che si dipinge bella et altera et riccamente vestita. Lo specchiarsi dimostra che il superbo si rappresenta buono et bello a se stesso, vagheggiando in quel bene che è in sé, co ‘l quale fomenta l’ardire, senza volger giamai gl’occhi all’imperfettione che lo possono molestare. Però si assomiglia al pavone, il quale compiacendosi della sua piuma esteriore, non degna la compagnia de gli altri uccelli. La corona, nel modo detto, dimostra che il superbo è desideroso di regnare e dominare a gl’altri […].”
Vediamo qualche esempio di rappresentazione della Superbia nell’arte: