Arch. Can.co Francesco Maria Galli Angelini

Francesco Maria Galli Angelini (1882-1957) si occupò dei restauri del Palazzo del Seminario Vescovile agli inizi del Novecento. Egli prese i voti all’età di 24 anni e studiò Teologia. Divenuto Teologo, venne nominato “cappellano professo” del Sovrano Ordine gerosolimitano di Malta ed anche decano del Capitolo dei canonici di San Miniato.

Dopo la carriera ecclesiastica, egli si distinse anche nel campo della Storia dell’arte, della pittura, dell’archivistica, dell’architettura e della Storia. In particolare, fu Sovrintendente alle Antichità del territorio di San Miniato e nel 1922 fu incaricato del riordinamento dell’Archivio storico comunale, per poi diventarne sovrintendente nel 1926. Per finire, fu nominato presidente dell’Accademia degli Euteleti.

Galli Angelini fu attivo come pittore negli anni ‘30 del Novecento, periodo nel quale iniziarono i restauri al Seminario. Questi primi restauri si concentrarono più sul ripristino della parte strutturale dell’edificio e della costruzione e decorazione della Cappella, anche se il restauro della facciata non venne tralasciato.

Inoltre, nello stesso periodo,  egli eseguì gli affreschi della Sala del Consiglio Comunale, che all’ epoca era un atrio di attesa, nel Municipio di San Miniato. Questi raffigurano alcuni protagonisti della storia della città: il novelliere sanminiatese Franco Sacchetti, che scrisse a San Miniato le sue Trecentonovelle, il Capitano barone Mangiadori, che cooperò alla vittoria di Campaldino, dove combatté anche Dante, ed il condottiero Francesco Sforza, nato a San Miniato nel 1401.

Sala del Consiglio Comunale di San Miniato (fotografia tratta dal sito internet del Comune di San Miniato)

Nel 1949 Francesco Maria Galli Angelini, in qualità di Ispettore Onorario dei Monumenti e Scavi di San Miniato, denuncia alla Soprintendenza di Pisa che le richieste di intervento di modificazione della facciata su tre edifici, tra cui il Seminario, ne deturpano l’aspetto.

È evidente che, nei primi anni del Novecento, non era ancora del tutto sviluppata una sensibilità di restauro critico. Questo, insieme al grande deterioramento degli affreschi, potrebbero aver provocato, nel caso del Seminario, delle alterazioni dell’iconografia originaria.