Titolo | La caduta di Fetonte |
Disegnatore | Hendrick Goltzius |
Incisore | Anonimo |
Misure | 255 mm x 168 mm |
Rif. Bartsch | 52 |
Collocazione | Collezione privata |
Testo iscrizione | “Exure pontum et terras Clymentia prolis
Nereidumque ferit mesta querela polum Arescunt fontes, arescit Xanthus et Ister Aestuat ipse sua mele gravatus Atlas.” |
Traduzione Iscrizione | |
Commento Iscrizione | Il figlio di Climene fa prosciugare le fonti, in particolare lo Xanto e l’Istro tanto che Atlante è preoccupato per dover sorreggere un globo incandescente. |
Testo Metamorfosi | Ovidio, Met., Libro II, vv. 193-322. |
Descrizione | Di fronte a un pubblico molto vario, costituito da divinità marine e fanciulle alate, probabilmente delle ninfe, Fetonte cade rovinosamente dal carro del padre. Centrale alla composizione è, quindi, il corpo del giovane rovesciato su se stesso, mentre precipita dalle nuvole che, però, sembrano quasi accompagnarlo nel suo tragitto verso il vuoto.
|
Iconclass | 92B39117 |
Parole chiave |
caduta; Fetonte; fiumi; Xanto; Istro; Climene; Apollo; incendio; deserto; Atlante; ninfe; Nereidi; Nettuno; umanità; fuoco; |
Commento descrizione | Nonostante la scena rappresenti il momento effettivo della caduta dal cielo di Fetonte, ormai preda delle fiamme del carro infuocato del padre, gli episodi, condensati in questa unica raffigurazione, sono narrati da Ovidio in più di duecento versi. Estius, nel passo in calce all’incisione, fa riferimento solo ad alcuni dei passaggi fondamentali. Dopo aver perso totalmente il controllo del carro, infatti, il calore emanato dallo stesso ha incendiato e reso desertiche varie parti della terra. Nel testo originario vengono nominati molti fiumi, ma gli unici che tornano anche nei distici di Estius sono lo Xanto e l’Istro, nominati, forse, poiché degni di interesse storico; lo Xanto, infatti, è il fiume che attraversa la regione di Troia, mentre l’Istro corrisponde all’attuale Danubio. La scena è affollata di figure femminili alate, probabilmente delle ninfe Nereidi, citate in entrambi i testi; fanno compagnia a Nettuno, che si intravede centralmente, ma quasi nascosto dalle nuvole emananti fumo. Il dio del mare, infatti, viene menzionato per aver alzato tre volte le braccia al cielo dalla disperazione per tutto quel calore, “ter Neptunus aquis cum torvo bracchia vultu exserere ausus erat, ter non tulit aeris ignes”. Atlas, così menzionato da Estius, ossia Atlante, il gigante condannato a dover portare sulle spalle il peso del mondo per aver partecipato con i Giganti alla guerra contro gli dei, assiste preoccupato per dover sopportare il peso di un mondo incandescente, come scrive Ovidio : “Atlas en ipse laborat vixque suis umeris candentem sustinet axem”. Il rischio cui Fetonte è andato incontro è quello di distruggere l’umanità, dandole fuoco. |
Confronti con altre incisioni | Climene incoraggia Fetonte a recarsi da Apollo |
Osservazioni | |
Bibliografia | Bibliografia |